In occasione di ogni fiera di antiquariato, a partire dal TEFAF di Maastricht, il visitatore può girovagare godendo, senza soluzione di continuità, di un’incredibile selezione di opere in ambienti che sembrano appartenergli da sempre; spazi progettati appositamente per minimizzare gli sforzi di lettura. D’altra parte, ogni galleria deve affrontare di volta in volta una sfida di difficile soluzione: presentarsi nuovamente, ma senza ripetersi; rinnovarsi rispettando la propria natura e quella delle opere; riformarsi, ma restando sé stessa. La preparazione dello stand è quindi un processo meticoloso e delicato, che resta invisibile allo spettatore nonostante i risultati eccezionali che spesso si ottengono, anche sul piano squisitamente museografico. Per questo abbiamo chiesto alle gallerie dell’AAI che partecipano all’edizione 2025 di TEFAF (qui sotto la lista completa) di condividere con noi il loro approccio allo stand, ossia le strategie e le tattiche di gioco da adottare per la partita più importante dell’anno, almeno sul campo delle fiere.
AAI a TEFAF 2025: Altomani & Sons | Antonacci Lapiccirella Fine Art | Antichità Bacarelli | Benappi Fine Art | Berardi Galleria d’Arte | Bottegantica | Brun Fine Art | Luca Burzio | Galerie Canesso | Caretto & Occhinegro | Alessandro Cesati | Alessandra di Castro | Fondantico | ML Fine Arts | Maurizio Nobile Fine Art | Walter Padovani | Piva & C. | Porcini | Robilant+Voena | Salamon & C. | Tornabuoni Art | Galleria Carlo Virgilio & C.
Per Enzo Savoia (Bottegantica), la cui galleria è caratterizzata dal connubio tra Ottocento e Novecento Italiano, l’obiettivo è quello di “proporre ai collezionisti, agli esperti e agli appassionati uno stand che riveli al meglio la passione nella ricerca storico-bibliografica e l’attenzione sullo stato di conservazione delle opere”. In genere, continua Savoia, ciò avviene “affidandosi ai consigli di un architetto, che con una lista di opere scelte progetta una bozza in 3D, cercando di analizzare le varie differenze cromatiche ed estetiche, di movimenti e di artisti, di cornici e di impasto pittorico, per poi allestire uno stand armonioso, con l’obiettivo di esprimere al suo massimo personalità e carattere delle opere d’arte, che poi sono anche quello della galleria”.

“Il poeta parigino elogia le effigiate come incarnanti l’ideale femminino della donna, arrivando a descriverle, con una sinestesia evocativa, femme-fleurs” (Bottegantica).
Secondo Francesca Antonacci e Damiano Lapiccirella (Antonacci Lapiccirella Fine Art) “allestire uno stand in una fiera di eccellenze internazionali è un’operazione che va ben oltre la semplice esposizione di opere d’arte”. Piuttosto “è una questione di identità, narrazione e strategia. Bisogna saper guidare lo sguardo dello spettatore verso le opere più significative ideando un percorso in modo da renderle tutte godibili”. Sono attenzioni fondamentali perché “uno stand ben progettato non è solo una vetrina, ma un luogo in cui si creano connessioni, si raccontano storie e si costruiscono relazioni che vanno oltre il tempo della fiera”. Con l’imprescindibile obiettivo “di lasciare un ricordo vivido, che abbia la possibilità di tradursi in opportunità”.

“Un capolavoro inedito di Francesco Hayez, un’aggiunta molto importante al catalogo dell’artista. In questo Interno di un harem, Hayez ci porta in un mondo di raffinata seduzione e teatralità” (Antonacci Lapiccirella Fine Art).
In uno stand fieristico ogni opera ha le sue esigenze. “Un bravo gallerista deve capirle e rispettarle” – ci ricorda Walter Padovani (WalterPadovani.) – che continua: “poichè mi occupo principalmente di scultura, ossia di oggetti che per la loro natura tridimensionale dialogano con lo spazio circostante, quando mi trovo a progettare uno stand mi sforzo di abbandonare il punto di vista dell’espositore e di mettermi nei panni del visitatore: che impatto avrà l’allestimento? Come verranno percepite le opere nel loro insieme e nella loro individualità? La mia strategia è costruire un percorso visivo che non sia solo un’esposizione, ma sia anche un’esperienza. Il ritmo è scandito da assonanze o contrasti – tematici, stilistici, temporali o puramente estetici – che guidano lo sguardo e creano armonia tra le opere. Al tempo stesso, creo micro-spazi che isolano e valorizzano le singole sculture, affinché ciascuna risalti e possa emergere con la sua unicità. Dobbiamo considerare che il primo impatto può risultare determinante per l’esito positivo della fiera e perciò, a mio avviso, chiarezza, pulizia formale e congruenza sono i principi guida fondamentali. Le opere trovano posto in un contesto contemporaneo, al tempo stesso neutro ma di forte impatto. Il punto critico, parlando in termini puramente pratici, è riuscire a illuminare bene lo spazio che, con l’assenza di luce naturale, necessita di uno studio molto attento”.

“Quest’anno i giochi di luce serviranno anche ad esaltare le levigate morbidezze di marmo nella Carità di Lorenzo Bartolini” (Walter Padovani).
La scelta delle opere può richiedere un lungo, anche lunghissimo periodo di preparazione; ma è conditio sine qua non. Spiega a questo riguardo Andrea Ciaroni (Altomani & Sons): “la nostra selezione si basa sulla ricerca di opere che, oltre alla bellezza, possiedano un significato storico e artistico unico. Questo processo può richiedere anni di dedizione”, spesi all’inseguimento dell’oggetto bramato. Come la Caravella Chiaramonte-Bordonaro, finalmente raggiunta dopo una vita di ricerca, per poi essere esposta in una teca d’avanguardia: “il blu del mare valorizza l’arancione del corallo, mentre una serigrafia con dettagli dorati evoca le rotte degli esploratori”. Per l’occasione non mancano soluzioni studiate ad hoc: “Una base mobile restituisce il movimento del mare”, ruotando l’opera per una visione a tutto tondo di tutti i più minuti dettagli.

“La Caravella Chiaromonte-Bordonaro è stata costruita con il corallo, alla fine del Seicento, da Ippolito Ciotta. Si tratta di un oggetto più unico che raro. Mio padre l’ha desiderata per tutta la vita, ma solo con la seconda generazione siamo riusciti ad acquisirla.” (A. Ciaroni, Altomani & Sons).
Luca Burzio (Burzio.) sottolinea invece l’importanza del non ripetersi, puntando sull’innovazione “ad oltranza, cercando di anticipare le mode, senza lesinare in nulla”. È una tecnica adottata per ogni partita di alto livello “da Masterpiece a Londra al Brafa a Bruxelles, da TEFAF a Maastricht al TEFAF Fall di New York. Lavorando con collaboratori e collaborazioni importanti, sempre sotto la regia dell’architetto Paolo Genta Ternavasio”. Per l’edizione 2025 di TEFAF Burzio si è ispirato alla Villa Planchart di Caracas, progettata da Gio Ponti nel 1953. Il pavimento di marmo policromo dello stand è stato prodotto a Carrara, appositamente per la fiera.
Novità e abnegazione, ripete Matteo Salamon (Salamon & C.): “superare noi stessi, in tutto, a partire dalla scelta rigorosissima delle opere, della loro attribuzione, stato di conservazione, provenienza e studio impeccabile; bisogna poi pensare al contesto in cui andremo a esporle e, quando avremo pensato di avere davvero superato noi stessi, dobbiamo fare un tuffo nell’oceano dell’umiltà e metterci nuovamente in discussione”.

“Si tratta di una delle grandi “Venezie” che il Maestro eseguì nel 1961 per Palazzo Grassi a Venezia, e che da allora è conservato nella collezione privata della famiglia dei committenti.” (Salamon & C.).
Per Gianluca Berardi (Galleria Berardi) è necessario creare in un piccolo spazio degli itinerari magnifici, mantenendo però un approccio filologico: “sempre all’interno di un allestimento coinvolgente e avvincente, che attiri il visitatore come in un viaggio. Ricerchiamo delle tematiche da proporre, che per l’edizione TEFAF del 2025 sono A Gateway to the East dedicata all’Oriente, Dreaming of India, dedicata alle iconografie e miti indiani, e Italian Secession per i pittori italiani che hanno trovato una cifra innovativa a partire dagli anni Dieci, rispetto alla pittura ottocentesca”.
Dal canto suo Tomaso Piva (Piva & C.) ribadisce che servono “visione strategica, creatività e un’attenzione meticolosa ai dettagli. Ogni anno, insieme al nostro architetto, affrontiamo il compito di creare non solo uno spazio espositivo, ma un ambiente capace di raccontare una storia e offrire al visitatore un’esperienza coinvolgente. La selezione delle opere è solo il primo passo. La vera sfida per noi è mettere in relazione opere di diversa natura – mobili, dipinti, sculture e oggetti d’arte – per dare vita a un racconto che guidi il visitatore alla scoperta di ogni dettaglio, suscitando curiosità e meraviglia. È fondamentale che lo spazio sia ben strutturato, così da accompagnare il pubblico nella fruizione sia delle opere più imponenti sia di quelle più minute e raffinate”.
In via teorica tutto fila sempre liscio, ma nella pratica i veri ostacoli emergono al momento della messa in prova, come ci racconta Matteo Lampertico (ML Fine Art): “spesso le ipotesi avanzate sulla carta non trovano riscontro nella realtà; gli accostamenti che si progettano non sempre funzionano. I quadri sono come le persone. Hanno la loro individualità, richiedono intorno a loro uno spazio sufficiente e, soprattutto, hanno le loro idiosincrasie e le loro preferenze. Per questo gli accostamenti sono sempre delicati, a volte valorizzano le singole opere, altre volte stridono. L’abilità risiede nell’ascoltare la voce di ogni singola opera, senza forzare gli accostamenti”. Secondo Lampertico a volte bisogna addirittura rinunciare ad esporre un’opera, se questa non trova una collocazione efficace, anche a costo di perdere una potenziale vendita.
Come sa bene chi frequenta le fiere d’arte antiquaria, il tema dello spazio è fondamentale anche per gli stand di Maurizio Canesso (Galerie Canesso). Per il gallerista è fondamentale dare a ogni opera il dovuto respiro, alla ricerca di un perfetto equilibrio tra pieni e vuoti, evitando il rischio di inopportune distrazioni. Ma al di là delle aspettative e della coreografia per Canesso è necessario andare a tempo. Ciò che più conta “è avere la presenza della clientela giusta al momento giusto”.

“Tra le versioni note di questo soggetto, la nostra è giudicata da Gianni Papi la più «intimamente caravaggesca» per l’adesione a un «naturalismo più fragrante e nitido” (Galerie Canesso).
È così da sempre? Dal lento evolversi del mercato Riccardo Bacarelli (Antichità Bacarelli) ha colto degli spunti imprescindibili, e ci mette in guardia dalla paura del nuovo secolo, l’horror pleni: “dopo oltre dieci anni di partecipazione, ho visto evolversi non solo il mercato, ma anche le aspettative dei collezionisti e degli appassionati. Oggi la chiave sta nel saper creare un ambiente che valorizzi le opere senza sovraccaricare lo spazio. Un allestimento raffinato e studiato nei dettagli è essenziale per esaltare la qualità e l’unicità di ogni pezzo. La luce, la disposizione, e persino i materiali dello stand devono dialogare con le opere, offrendo un’esperienza immersiva e memorabile. Le aspettative sono sempre più elevate: i visitatori si aspettano non solo capolavori, ma anche una narrazione coerente che dia valore storico e culturale alla selezione proposta. La trasparenza sulle provenienze delle opere selezionate e il dialogo con esperti e curatori sono fattori imprescindibili per instaurare fiducia con collezionisti sempre più attenti, informati ed esigenti”.
Insomma, un visitatore non occasionale potrà leggere tra le righe di ogni allestimento – ancora di più a TEFAF, dove il confronto è su scala mondiale – una firma celata, un marchio della galleria, il frutto di un lavoro accurato, come confermano anche Massimiliano Caretto e Francesco Occhinegro (Caretto & Occhinegro): “A nostro avviso l’unica strategia sensata è creare stand che rispecchino la personalità della propria galleria. Poi, nel caso di TEFAF, le aspettative sono massime, come gli standard della fiera”. Nel loro caso basterebbe la garanzia di Maarten Van Heemskerck, che riassume il sapore deciso degli stand della galleria: vigore, autorevolezza, esclusività.

“Questa monumentale tavola, un tempo parte centrale di un trittico le cui ante sono oggi conservate al Worcester Art Museum, è considerata tra le più significative prove del van Heemskerck mai transitate sul mercato ed è, per stato di conservazione, legami con l’arte classica e citazioni dal rinascimento italiano, un saggio antologico della pittura europea del ‘500” (Caretto & Occhinegro).
10 Marzo 2025