Si trova di tutto nell’ultimo libro di Marco Riccòmini Un breve incanto. Dizionario semiserio del mercato dell’arte (La nave di Teseo, 301 pagine, euro 20), da “Absentee bid” a “White glove sale”. Sono 71 voci, organizzate in ordine alfabetico, che raccontano, in forma breve, significati e aneddoti di un mondo che l’autore conosce come le proprie tasche. Nuota come un pesce tra i marosi del mercato, per nulla spaventato di quello che sta accadendo in superficie. Intanto lui sta sotto, dotato com’è di branchie, non ha bisogno di far rifornimento di ossigeno. Si intuisce che non dice tutto quello che sa, giustamente. La conoscenza costa, richiede molti viaggi, fisici e mentali, perché buttarla via? Tuttavia, per un neofita – ma anche per un esperto – il libro è molto utile, oltre che divertente. Di certo l’autore si è divertito a scriverlo, non ci sono dubbi. Questa cosa “passa”, arriva fino alla pelle del lettore, più o meno disincantato.
Ma andiamo alle voci. Ognuna è costruita come il perfetto ingranaggio di un orologio. Si comincia col significato – o i significati –, le traduzioni, i modi di dire, e si finisce con la formulazione di un’idea. Sono come dei cesellati aforismi. Riuscire a condensare in poche righe il senso di una parola che racchiude infinite sfaccettature non è per nulla semplice. C’è qualcosa che ha a che fare con l’ingegneria, una forma sapiente di organizzazione delle cose, restituita tramite formule matematiche. Ma solo all’apparenza. In realtà il libro è il risultato di un’esperienza sul campo non comune (l’autore è stato per un decennio Head of Department degli Old Masters per Christie’s), in parte consumata nel Regno Unito. Questo fatto spiega perché gran parte delle voci siano in lingua inglese. I pochi lemmi in italiano dicono molto del mondo subalterno in cui vivono i pochi sopravvissuti alle tendenze sempre più globalizzate del mercato dell’arte: “Bollino rosso”, “Notifica”, “Occhio” e “Quadraro”.