Se l’antiquario diventa ambasciatore di cultura

Come cambia il mestiere dell'antiquario, che non è solo mercante, ma un alleato dei beni culturali, attraverso il collezionismo.

di Leonardo Piccinini

Tra i tanti meriti della BIAF, la Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, primeggia (almeno dal punto di vista di chi scrive) quello di offrire al pubblico la possibilità di “attraversare” il sistema dell’arte antica italiana in ogni suo aspetto.  Le tavole rotonde, gli eventi collaterali, gli incontri organizzati dentro e fuori le mura di Palazzo Corsini offrono a chi tutto sa, a chi ne sa poco e anche a un semplice curioso, l’opportunità di avvicinarsi a un mondo, quello dell’antiquariato italiano, spesso più denso e articolato di quel che si possa immaginare (qui il link al programma dell’edizione 2024).

Frans Francken the Younger, A visit to the Art Dealer, 1636, 290 cm × 405 cm, courtesy of Hallwyl Museum, Stockholm.

Riprendendo in mano il semplice ma utile vademecum Vita d’antiquari (link), presentato alla scorsa edizione (BIAF 2022), subito salta agli occhi la ramificazione, la capillare distribuzione, unicum in Europa, delle attività dei mercanti d’arte antica in lungo e in largo per la Penisola, certo eredità della storica frammentazione italiana ma anche opportunità per un sapere, quello dell’antiquario, che non si concentra in uno o pochi poli cittadini. Nei tempi che viviamo è facile rendersi conto del profondo legame tra questo mestiere e il patrimonio storico artistico italiano, la sua tutela, la sua valorizzazione. Il compianto Antonio Paolucci, che del sistema delle Soprintendenze divenne simbolo vivente, funzionario-ministro (con ultima, gloriosa appendice vaticana), amava ripetere quel che, in anni non troppo lontani, Vilmos Tatrai e altri direttori d’Oltrecortina gli invidiavano terribilmente, e cioè la possibilità d’un costante confronto/colloquio col privato, col mercato d’arte. Se certo non è mai mancato lo sguardo incuriosito della stampa a proposito di incomprensioni e scontri – che ci sono stati, penso alla riforma del sistema sull’esportazione di opere d’arte, a una fiscalità più amica… [qui il link al nostro recente scritto sull’importazione dei beni culturali nell’Unione Europea, ndr.], forse troppo poco s’è scritto in questi anni del ruolo giocato dall’antiquariato italiano a favore dello studio, della ricerca, del patrimonio.

Si pensi a quanti saggi, monografie, cataloghi contenenti ringraziamenti al singolo antiquario o all’AAI nel suo insieme, che ha contribuito a sostenere negli anni importanti piattaforme di ricerca come la Fondazione Zeri e Nuovi Studi, l’attività degli Amici di Doccia, e molti fondamentali restauri. Antiquari, dunque, alleati del patrimonio e ambasciatori culturali. Che siedono nei comitati scientifici di gloriosi musei, come le Gallerie degli Uffizi, con il Segretario Generale della BIAF Fabrizio Moretti. Con ruoli di primaria importanza nelle Associazioni di Amici di musei, come la Pinacoteca di Brera o la Galleria Estense di Modena, delle quali Carlo Orsi e Pietro Cantore sono rispettivamente Presidente e Vice-presidente.

Come cambia il mestiere dell'antiquario, che non è solo mercate, ma un alleato dei beni culturali.
Tiziano, Portrait of Jacopo Strada, 1567–1568, cm 129 x 95, courtesy of Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Per non parlare di veri gioielli della museografia italiana, come il Museo Ebraico di Roma, la cui Fondazione è attualmente presieduta da Alessandra Di Castro, che tra il 2012 e il 2017 ha anche diretto il museo, in forma liberale. E collezioni, che sono diventate musei, formate dagli antiquari stessi: a Figline Valdarno la Fondazione Giovanni Pratesi racconta (come meglio non si potrebbe) la raccolta di una vita, l’amore per il territorio toscano, per la storia di quella terra e, con l’apertura al pubblico della collezione e dello splendido oratorio che la ospita rappresenta di fatto un’azione sussidiaria a quella dello Stato. Già, perché per dirla alla maniera di un altro fiorentino, Piero Calamandrei, lo Stato siamo noi.

Restauri, recuperi, donazioni. Tra le ultime che mi vengono in mente quella di Fabrizio Guidi Bruscoli agli Uffizi di un’opera di un raro artista fiorentino del ‘600 come Bartolomeo Salvestrini, o l’intelligente recupero, restauro e donazione alla cattedrale di Sansepolcro di una pala d’altare di Durante Alberti da parte di Eleonora e Bruno Botticelli, e Fabrizio Moretti. A questa parziale, lacunosa panoramica del contributo dell’antiquariato italiano alla cultura e al patrimonio mancano certamente mille altri episodi. Ma a questo proposito vorrei ricordare ancora un memorabile gesto, compiuto da Giancarlo Ciaroni (fondatore insieme ad Anna Maria Altomani di Altomani & Sons). Era il 2017, l’importante professionista pesarese individuò in asta, non riconosciuto come tale, un piccolo frammento (olio su tela, cm 40 x 42) tagliato e sottratto nel 1982 dalla pala di Federico Barocci nel Duomo di Urbino, il Martirio di San Sebastiano. Ciaroni si consultò con le forze dell’ordine, il confronto con la banca dati dei Carabinieri non lasciava dubbi. Il frammento venne recuperato, la pala restaurata, si scrisse allora un’altra bella pagina nella storia della tutela del patrimonio.