Le quasi trecento pagine di Pietro Accorsi, il mercante di meraviglie (Renato Rizzo, SilvanaEditoriale 2016) costituiscono un compendio della storia dell’antiquariato, del gusto, e di una certa Torino. Non manca infatti quasi nessuno dei tanti protagonisti che, nel secolo breve, il mercato d’arte antica ha potuto vantare.
"Quella che in molti consideravano “leggenda”, l’identità del vero padre di Accorsi, viene sostenuta a più riprese nel volume"
Nella vita di Accorsi (1891-1982), raccontata con evidente ammirazione e devozione dal documentato Rizzo, convivono mondi apparentemente inconciliabili che la sola, pur straordinaria e pionieristica attività di colui che i colleghi chiamavano l’empereur, non basterebbe forse a spiegare. Quella che in molti consideravano “leggenda”, l’identità del vero padre di Accorsi, viene sostenuta a più riprese nel volume: Emanuele Filiberto di Savoia Aosta, “non Curzio, il cuoco dal lavoro saltuario con il quale ha vissuto un’infanzia grama insieme alla madre e alle sorelle nella Torino dei poveri”, bensì il Duca Invitto, comandante della III Armata, sepolto a Redipuglia e celebrato nell’enfatico monumento che Eugenio Baroni collocò proprio all’inizio di via Po, la strada di Accorsi. Qui, al numero 55, nel 1901 il padre “anagrafico” viene nominato portinaio di uno stabile appartenente all’Ordine Mauriziano (per intercessione di…?), qui Accorsi, grazie a una misteriosa eredità (!) potrà salire, insieme alla famiglia “da inquilini la scala che hanno lavato da custodi”. E sempre allo stesso indirizzo Accorsi aprirà la famosa galleria, presso la quale celebrità, aristocratici, banchieri e nouveaux riches si susseguiranno negli anni come in pellegrinaggio.
"Nel frattempo l’astro dell’antiquario, sempre più luminoso, potrà contare sul “socio” più incredibile e influente possibile: Umberto di Savoia, erede al trono che gli spalancherà le porte dei depositi di famiglia."
Nel frattempo l’astro dell’antiquario, sempre più luminoso, potrà contare sul “socio” più incredibile e influente possibile: Umberto di Savoia, erede al trono (il “cugino” Beppo…?) che gli spalancherà le porte dei depositi di famiglia (straordinario l’episodio nella Basilica di Superga), introducendolo a quella nobiltà “spesso economicamente acciaccata che non disdegna di rimpolpare le proprie finanze vendendo non solo qualche prezioso oggetto di famiglia, ma addirittura interi palazzi e castelli completamente arredati a quell’antiquario così disponibile e amico di Sua Altezza”.
Oggi Via Po 55, indirizzo “mitico” ai tempi di Accorsi, è la sede della Fondazione creata grazie al lascito dell’antiquario; qui sono raccolti alcuni tesori dai quali non volle separarsi, come il famoso doppio corpo dell’ebanista Pietro Piffetti (1738), arredi collezionati con amore e passione nella sua notevole avventura umana e professionale.
E’ tra l’altro da poco visibile, dopo il riallestimento, lo storico studiolo, ricavato da una stube valtellinese del Seicento, dove Accorsi amava ritirarsi per studiare o ricevere amici, ospiti e clienti.
E proprio presso la Fondazione Accorsi – Ometto, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, domenica 25 settembre alle ore 11 sarà presentato il volume di Renato Rizzo.