Paolo Antonacci

Memorie del Grand Tour

di Leonardo Piccinini

Non ricordo un passaggio nella galleria romana di Paolo Antonacci o presso le numerose fiere a cui ha preso parte, in cui non mi sia soffermato a lungo sulle meravigliose vedute d’Italia, di Roma in particolare, che ci descrivono un Paese certamente molto più povero ma incredibilmente intatto. Un vero paradiso di natura e intervento umano misurato, un intreccio che attirò nei secoli schiere di viaggiatori e artisti. “È da sempre la mia passione. Ho iniziato a studiare le vedute con Giulio Carlo Argan, avrei dovuto fare la tesi su Antonio Joli, poi lui divenne sindaco di Roma e mi tocco’ un’altra tesi e un altro relatore…” racconta questo figlio d’arte, “anzi nipote e bisnipote. Mio bisnonno all’inizio del ‘900, Emanuele Efrati, fu lui a dedicarsi per primo al commercio di opere d’arte. Poi mia nonna e mio padre Giuseppe Antonacci, grandissimo antiquario (fu tra i primi ad aprire a Londra), che iniziai a seguire negli anni ’80”. Per poi condurre una propria galleria “con questo travolgente interesse per artisti a lungo sottovalutati. Danesi, tedeschi, che quando ero ragazzo si potevano trovare a cifre molto abbordabili. Tutti folgorati dal sogno italico e dal mito del Grand Tour. Penso ad esempio al meraviglioso Christoffer Wilhelm Eckersberg (Jutland 1783-Copenaghen 1853), finissimo narratore di meraviglie romane. Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna si può vedere un dipinto, acquistato presso la mia galleria, che descrive un luogo oggi scomparso, il Convento di Santa Maria in Aracoeli. Al suo posto c’è…il Vittoriano!”