Maria Zauli e Giovanni Banzi

Cinquant’anni di storia antiquariale bolognese

di Marco Riccòmini

Dov’è, mi sono chiesto la prima volta che ci entrai, girando la testa tutt’intorno. Non c’era più, e da un pezzo. Intendo il caminetto, dal quale la galleria fondata da Paolo e Romana Zauli nel 1966 prese il nome. A quel tempo, infatti (prima di trasferirsi prima nella antica ‘Buca Genasi’, quindi nell’attuale sede in Galleria Falcone e Borsellino) i locali erano al piano nobile di palazzo Salina Brazzetti dove c’era, in effetti, un bel camino monumentale.

La storia della galleria si intreccia subito con gli studi di mio padre perché, assieme ai disegni antichi, gli Zauli si specializzarono sulla terracotta bolognese, tra Seicento e Settecento, dove spiccano i nomi di Giuseppe Maria Mazza, Angelo Gabriello Piò e Filippo Scandellari. Ovvero, in quegli anni, la materia di studio di mio padre Eugenio che, nel 1972, per la Galleria d’Arte del Caminetto curò il catalogo di sculture inedite, dove compariva il Sant’Onofrio di Ercole Lelli che qui si riproduce.

Poco meno di trent’anni dopo, ai genitori subentra la figlia Maria, affiancata da qualche anno dal figlio Giovanni Banzi.

Cinquant’anni di storia antiquariale bolognese spalmata su tre generazioni, con più di trecentoventi mostre all’attivo a coprire un vasto arco temporale, dal Disegno antico dal XV al XIX secolo ai Trenta disegni inediti di Donato Creti (e qui la storia della galleria s’intreccia coi miei studi), con incursioni sulla Maiolica italiana (XVXVIII sec.), fino al tema contemporaneo Da Quinto Ghermandi ad oggi: la scultura a Bologna nel ‘900, in occasione del centenario della nascita del maestro bolognese.