In memoria di Anna Bulgari Calissoni

Non è venuta a mancare solo una donna di speciale spessore culturale e profonda conoscitrice del mondo della gioielleria e della glittica internazionale, forse, oserei dire, è scomparsa la madre dell’argenteria romana.

di Claudio Franchi, argentiere e storico dell’arte

Secondo la convenzione dei rituali documentati dalla storica corporazione dell’Università degli argentieri e orafi dell’Alma città di Roma, si scriverebbe: Anna Bulgari Calissoni, il giorno 24 maggio dell’anno del Signore 2020, passa agli eterni riposi.
La frase si ritrova spesso alla fine delle schede degli argentieri conservati presso l’Archivio di Sant’Eligio, a completare le informazioni dei Maestri di cui si conserva traccia.
Anna apparteneva di diritto alla nobile scuola, non solo per naturale discendenza di famiglia, ancor più per aver ereditato dal padre la passione dello studio e della ricerca di quel mondo, spesso avaro di notizie, la cui varietà e ricchezza di informazioni – alla quale oggi lo studioso può attingere – si deve proprio a Costantino prima e ad Anna successivamente che ne ha seguito le orme.   
Non è venuta a mancare solo una donna di speciale spessore culturale e profonda conoscitrice del mondo della gioielleria e della glittica internazionale, forse, oserei dire, è scomparsa la madre dell’argenteria romana.


"ho accettato l’eredità degli studi di mio padre con grande timore reverenziale, nel proseguire il cammino, nuove prospettive mi sono aperte davanti, e non le posso ignorare…"


Anna decise giovanissima di occuparsi di proseguire gli studi di Costantino Bulgari, convogliati nella mirabile opera editoriale dei Maestri Argentieri, Gemmari e Orafi d’Italia, comunemente conosciuta dagli esperti del settore come “i libri di Bulgari”.
Iniziò l’avventura con estrema umiltà intellettuale, pienamente consapevole di doversi cimentare con un argomento tutt’altro che facile, del quale si conosceva ben poco e le cui fonti si limitavano ai pochi documenti conservati presso gli archivi, su tutti quello di S.Eligio, vera miniera dell’argenteria dello Stato Pontificio.
Lo dichiara Lei stessa, senza mezzi termini, nella prefazione del suo primo volume che si aggiunge a quelli già pubblicati dal padre trenta anni prima: ho accettato l’eredità degli studi di mio padre con grande timore reverenziale, nel proseguire il cammino, nuove prospettive mi sono aperte davanti, e non le posso ignorare…

La sua statura di donna forte, autorevole e ironica, con una grande carica di sana curiosità, la convinsero ad accettare la sfida.
Chi opera nel settore dell’antiquariato, delle arti decorative – e nello specifico dell’argenteria – sa di dovere molto all’ostinata pervicacia con la quale Anna ha scavato nella storia, incontrando gli argentieri, dialogando con loro, imparando ad usare il contafili di precisione (comunemente detto lente di ingrandimento), strumento da destreggiare alla stregua di un utensile necessario per il controllo del mestiere.  
Anna ha imparato velocemente spinta da passione e determinazione.
In special modo la tecnica per la lettura dei marchi, l’analisi di ciò che si vede nell’esame autoptico per poi essere interpretato nella maniera corretta, poiché talvolta quei simboli dichiaranti l’appartenenza al territorio, o ad un autore, mostrano impercettibili differenze che corrispondono ad epoche diverse, o a Maestri le cui insegne si somigliano.


"Anna ha coltivato l’amore per quei Maestri, li ha conosciuti attraverso lo studio delle opere per le quali mostrava sempre un piacere quasi estatico nell’osservare, apprezzando la percezione tattile delle superfici sbalzate dell’argento, entrando quasi in sintonia con quelle anime lontane nel tempo ma vicine alla passione cresciuta in anni e anni di un legame divenuto indissolubile con l’argento romano."


L’acquisizione di quella sensibilità alla lettura del piccolo si è trasformata in una rara capacità nel comprendere linguaggi e stili, maggiormente coltivata grazie alla frequentazione delle poche botteghe ancora presenti nella Città Eterna e delle gallerie antiquarie, a testimoniare una storia densa di narrazioni e qualità estetiche, progettuali, nonché tecniche di raffinata essenza.
Così Anna ha coltivato l’amore per quei Maestri, li ha conosciuti attraverso lo studio delle opere per le quali mostrava sempre un piacere quasi estatico nell’osservare, apprezzando la percezione tattile delle superfici sbalzate dell’argento, entrando quasi in sintonia con quelle anime lontane nel tempo ma vicine alla passione cresciuta in anni e anni di un legame divenuto indissolubile con l’argento romano.
Inevitabilmente è divenuta il punto di riferimento dell’arte argentiera, aggiungendo all’opera editoriale del padre una dimensione scientifica moderna, in grado di valorizzare ulteriormente quanto era stato fatto in termini di ricerca.
I punzoni descritti nelle edizioni di Costantino assumevano grazie a Lei i contorni più ampi di storie accomunate ad opere scovate in luoghi improbabili, dimenticate in una piccola chiesa di provincia o nella vetrina impolverata di qualche collezionista.
Così Anna restituiva spesso la vita a questi oggetti, ne decretava la rinascita e palesava l’esistenza di un Maestro celato a lungo nell’oblio della mancata conoscenza.

Chi non la ricorda nella recente lectio magistralis su Valadier, a cura del Prof. Alvar Gonzàlez-Palacios in Sant’Eligio, quando i convenuti nella chiesa raffaellesca attendevano pazienti il suo arrivo. Lei giunse con un po’ di ritardo, come capita alle celebrità, ma alla trepidazione degli astanti nel ricevere il dono di quella visita, Anna rispose con un fil di voce ed una commozione a malapena contenuta, eccomi, qui mi sento a casa mia… piuttosto che ospite di eccellenza, conservando nel suo intimo quel genere di emozione di chi ha la coscienza di essere parte di una storia fatta di generazioni di autori inarrivabili, ancor più di esserne la Madre, per la capacità e la passione di averne contribuito al racconto delle gesta.
Possiamo dire senza ombra di dubbio che noi argentieri, conoscitori e appassionati dell’antico, insieme agli antiquari, ci sentiamo terribilmente orfani e al contempo infinitamente grati a Lei per aver dato sostanza alla nostra storia.