«Gli italiani a Bruxelles. Da Cortesi a Dalton Somaré: saranno 8, a giugno, gli espositori provenienti dal Bel Paese», strilla un sito che di queste cose la sa lunga. Aggirandomi per i saloni Decò del Parc des Expositions de Bruxelles, di italiani in mostra, in effetti, ne ho incontrati più d’uno, sebbene quelli che più mi hanno rapito fossero sì quelli negli stand però sui piedistalli (proprio nel senso letterale del termine, non nel senso di chi si “dà delle arie”). A cominciare da quel busto in bronzo patinato d’un nubiano esposto dal brussellese Herwing Simons e firmato dal leccese Eugenio Maccagnani (1852-1930), che lavorò all’Altare della Patria e ad una serie di altri monumenti, da quello equestre all’ “Eroe dei due mondi” in Plaza Italia a Buenos Aires a quello appiedato a Vittorio Emanuele II a Lecce.
"di italiani in mostra ne ho incontrati più d’uno, sebbene quelli che più mi hanno rapito fossero sui piedistalli"
E poi, nello stand di Finch & Co, quel busto dall’antico in marmo tirato a lucido di «Cicero» (Cicerone), firmato al retro «Franco Franchi copiò in Carrara», del quale autore si cercherebbero invano notizie sul web (salvo finire a rivedere indimenticabili scene dell’Ultimo tango a Zagarol, parodia del capolavoro di Bertolucci, diretto nel 1973, per ironia della sorte, da tale Nando Cicero…). Anche se, forse, quel che più impressiona l’occhio del visitatore è quel busto monumentale “crisolefantino” (in realtà in bronzo, bronzo dorato, porfido e marmo) di Marco Aurelio esposto dal parigino Benjamin Proust, che porta alla memoria “madeleine” di collezioni scomparse e favolose, come quella Chigi di Ariccia dalla quale si dice che provenga.