«Tous les Florentins sont maigres… Leur manière de se vêtir a quelque chose de singulier: c’est plutôt un habit bien brossé qu’un habit neuf… En tout c’est l’opposé des Milanais» (I fiorentini sono tutti magri… Il loro modo di vestire è qualcosa di unico; ha più dell’abito ben spazzolato che di quello nuovo… Tutto l’opposto dei milanesi), commentava nel suo diario di viaggio Marie-Henri Beyle, noto come M. de Stendhal, dopo il suo soggiorno in riva all’Arno (Rome, Naples et Florence, en 1817, Parigi 1817, p. 181). Sembra quasi che descriva Giovanni, che pare sempre appena tornato da un’ispezione alle sue campagne. Se fosse vissuto allora, si sarebbero incontrati nel salotto di Nicola Demidoff, ambasciatore dello zar nel Granducato di Toscana (avete presente il monumento alla sua memoria eseguito da Lorenzo Bartolini? Giovanni ne ha finanziato il restauro). In quelle sere, avrebbe intrattenuto le signore coi racconti delle sue trouvaille o delle vendite più prestigiose (come la raccolta di opere senesi acquistata dal Ministero dei Beni Culturali per la Pinacoteca di Siena), e tutti avrebbero commentato con ammirazione i suoi repertori della scultura fiorentina del Seicento e Settecento (1993) e poi del Cinquecento (2003), stampati con Allemandi, impresa che non molti antiquari possono vantare. «Sai – avrebbe detto la più impertinente, arrossendo – è stato Presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia e Segretario Generale della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, ed è anche Accademico d’Onore dell’Accademia delle Arti del Disegno!».
Giovanni Pratesi
Se fosse vissuto allora, si sarebbe incontrato con M. de Stendhal nel salotto di Nicola Demidoff, ambasciatore dello zar nel Granducato di Toscana.
di Marco Riccòmini