La recente aggiudicazione di un quadro di Telemaco Signorini nell’asta londinese di Sotheby’s del novembre scorso, può sorprendere in quanto per la prima volta il dipinto di un pittore italiano dell’Ottocento raggiunge la cifra di circa 9.000.000.000 (spese incluse).
Sarà rimasto sicuramente sorpreso anche l’esperto della Sotheby’s che aveva stimato l’opera dalle 180 alle 250 mila sterline, quotazione che prima dell’evento era in linea con i prezzi ottenuti per le opere migliori dell’artista toscano. Per quale motivo su questo dipinto si è concentrato l’interesse dei vari collezionisti? Innanzitutto la sicura attribuzione all’artista, poi la dimensione (59×174) assolutamente particolare, la datazione e soprattutto l’alone di mistero che inonda un’opera scomparsa da molte decine di anni, di cui si immaginava una probabile documentata acquisizione dall’artista all’epoca della sua esecuzione intorno al 1865.
Certamente un’opera straordinaria e ricca di fascino per tutte le implicazioni sopra accennate, ma certamente non bastevoli a giustificarne un exploit così fragoroso. E’ conseguente gioire per questo risultato che finalmente restituisce ad un artista italiano dell’800, ad una sua opera, la dignità che gli compete (anche se ancora i valori di un caposcuola così importante sono ben lontani da quelli dei contemporanei francesi!).
Ma un’altra riflessione sorge impetuosa: che Londra fa parte della Comunità Europea ma solo lì e in pochi altri luoghi del mondo occidentale il mercato dell’arte realizza al massimo il proprio potenziale. Perché succede questo? Perché gli altri paesi europei imbrigliati come sono da norme che ostacolano la libera circolazione delle opere subiscono inevitabilmente i contraccolpi e le diffidenze dei Musei che non vogliono correre rischi di acquistare opere che possono essere reclamate dallo stato di provenienza. Gli inglesi sono stati straordinari a fare del loro paese la capitale mondiale del mercato artistico: proviamo ad immaginare che cosa avrebbe spuntato quel dipinto a Roma o a Milano! Si capisce quindi perché questi record siano oltre che la generosa ricompensa di chi ha creduto in questi artisti, anche un richiamo formidabile verso l’Inghilterra per i dipinti macchiaioli liberi di circolare nel mercato internazionale. E’ chiaro che le case d’asta inglesi e i mercanti di quel paese con il loro libero mercato, sono avvantaggiati nei confronti delle consorelle e dei colleghi di altri paesi, Sono equazioni semplici che però nel nostro Paese sono difficili da far digerire a che è addetto alla tutela senza rendersi conto che imbrigliare il mercato significa favorire la clandestinità attratta dai clamorosi esiti delle vendite. I paesi europei così “protettivi” nei confronti del patrimonio artistico privato si danneggiano in quanto perdono il mercato ed in definitiva le opere. In parole povere lo Stato italiano riuscirà ad essere competitivo quando un’opera d’arte costerà esattamente a Roma come a New York o a Londra. Solo allora sarà realizzato a tutto tondo il disegno comunitario, perché sarebbe un sogno se tutte le opere d’arte, in particolare italiane, affluissero sul nostro mercato sicure che oltre ai collezionisti, anche lo Stato, anziché notificare, fosse il brillante compratore delle migliori e consentisse invece la libera circolazione delle altre.
Record by record
Quando la rarità e la qualità si incontrano con la libertà di mercato