Il successo della recente Biennale dell'Antiquariato di Firenze trova spiegazione anche in quella possibilità di internazionalizzazione del Mercato dell'Arte, possibilità che si esprime soprattutto con la presenza, nella settimana precedente all'inaugurazione, delle due commissioni: quella locale della Soprintendenza fiorentina – e stavolta anche pisana – e, soprattutto, quella ministeriale. Insieme hanno esaminato le molteplici richieste di libera circolazione degli oggetti e ne hanno determinato, salvo i casi da riesaminare, la immediata disponibilità all'esportazione. Come si è visto, e come abbiamo rilevato più volte, questa rapidità decisionale degli organismi preposti conferisce al Mercato dell'Arte una libertà che, purtroppo, di solito non è riscontrabile. Infatti se, secondo le normative, i tempi di attesa per ottenere risposta alle richieste di libera circolazione per il mercato straniero degli oggetti di proprietà italiana dovrebbero essere definiti in un termine massimo di 40 giorni, in realtà questo prolungato intervallo è ormai una prassi, anzi spesso dilatato da ritardi e lentezze.
E' ovvio che il danno economico è enorme. Quello che si chiede è che i tempi di decisione possano essere ridimensionati perché è assurdo che ci siano sempre impedimenti che li prolungano fino ai termini massimi. L’ informatizzazione dei dati avrebbe dovuto snellire i tempi di risposta: è vero che talune Soprintendenze locali sono assai più rapide nel fornire risposte e demandarle al successivo grado di approvazione ministeriale, ma di norma si riscontra che, nei labirinti del ministero, le pratiche tendono a soggiornare più del dovuto. Curiosamente ci risulta, però, che in prossimità di festività l'iter burocratico di risposta da parte ministeriale si velocizza, forse per il senso di responsabilità di qualche funzionario che si preoccupa altrimenti di trovarsi, dopo alcuni giorni di ferie, un carico ancora superiore di pratiche inevase. Questa occasionale abbreviazione dei tempi rende, tuttavia, la prassi abituale ancor più insopportabile e dimostra come, forse, potrebbe essere sufficiente un po’ di buona volontà per risolvere in senso positivo queste lungaggini veramente dannose. Quello che si chiede, e questo davvero con forza, è che ci sia nell'esercizio delle attività di tutela e di controllo una omogeneità tra i vari organismi che sono a ciò preposti. Non ha senso che difformità, talvolta enormi, accompagnino il cammino delle pratiche a seconda delle provenienze oppure, forse, a seconda delle persone che in sede ministeriale hanno la responsabilità delle decisioni.
Scopriamo l'acqua fresca nel dire che una buona legge deve essere severa, ma soprattutto condivisa e applicata con certezza: la certezza dell'applicazione conferisce una capacità organizzativa alle attività economiche e indubbiamente ne favorisce lo sviluppo. Le incertezze, le lungaggini, la discrezionalità sono i veri nemici di un sano progresso generale. A maggior ragione in un mercato delicato come quello dei Beni Culturali dove, oltre agli usuali impedimenti, si aggiunge anche la incertezza su ciò che il Bene Culturale rappresenta nel patrimonio economico di uno Stato, in particolare, del nostro.
Se l'oggetto d'arte che appare sul Mercato è un Bene da custodire con cura, perché Bene culturale e quindi Patrimonio generale, è chiaro che dovrà osservare talune norme diverse da quelle di qualsiasi altro genere commerciale: stando così le cose, è anche vero che allora quei Beni che gli organi di tutela stabiliscono essere assolutamente indispensabili al nostro patrimonio, dovrebbero almeno avere un trattamento fiscale che compensasse, in qualche modo, il possessore del Bene che non potrà disporne in modo libero. La convergenza degli impedimenti burocratici e di una mai sopita ideologia sembrano concorrere in egual misura, ma soprattutto, col medesimo effetto, su una volontà strisciante di statalizzazione complessiva del Patrimonio Culturale privato. Forse sarebbe l'ora che, davvero, si decidesse se viviamo in uno stato in cui, sia pure con tutte le giuste limitazioni, la proprietà privata ha diritto di esistere ancora, oppure no. Perché, come abbiamo più volte gridato, la funzione del Mercato dell'Arte è una componente essenziale della crescita di quel circuito virtuoso che in definitiva costituisce l'essenza del Patrimonio Culturale.