In questi giorni è giunta sulle scrivanie di molti antiquari italiani, una lettera della casa d'aste Christie's, che ha l'aspetto di una lettera circolare, estremamente indicativa della attuale drammatica situazione del mercato italiano nei confronti del resto d'Europa. Questo perchè nella lettera suddetta, la prestigiosa casa d'aste londinese chiarisce definitivamente l'abbandono della piazza italiana per la impossibilità di programmare vendite di alto e medio livello sul territorio italiano. Ciò pone gli antiquari di fronte ad una realtà che speravamo in qualche modo di nascondere a noi stessi, cioè il fatto di essere ormai tagliati completamente fuori dal mercato internazionale. Recentemente a Roma, un convegno sulla cultura ha posto l'accento sulla necessità da parte dello Stato italiano, di reperire risorse per destinarle ai Beni Culturali, intendendo ovviamente in essi anche i beni paesaggistici. Si è parlato a lungo della possibilità per giovani di trovare occupazione nel campo dei Beni Culturali ma è stato fatto capire che per ora non esistono risorse sufficienti. Tuttavia, come più volte si è detto e come ormai si sta ripetendo come uno slogan a ruota libera, i Beni Culturali sarebbero la nostra più importante industria. Ma noi ci poniamo una domanda: la preoccupazione per la tutela e la salvezza dei beni del nostro patrimonio culturale, include anche nella mente di qualcuno l'esproprio coatto di beni di proprietà privata o dei mercanti d'arte? La risposta ci auguriamo dovrebbe essere negativa, tuttavia l'esperienza recente del mercato italiano, ci fa balenare la sgradevole supposizione che in realtà la piega che stanno prendendo certi atteggiamenti “protettivi”, sia indirizzata in tal senso. Forse sarebbe bene risolvere quel problema non completamente chiarito, di natura strettamente ideologica se la proprietà privata di un bene d'arte sia o non un furto. La circolare della Christie's dimostra inequivocabilmente che un mercato corretto e limpido nel senso europeo, sia pure con tutte le limitazioni che la situazione italiana comporta e che nessuno nega, non ha possibilità di futuro. La sensazione che riceviamo è che per qualche ragione, della quale non ci possiamo rendere conto, stiamo tornando indietro. Le aperture, che negli ultimi anni avevano dato speranza di una crescita del mercato italiano e del suo inserimento in europa a pieno titolo, sembrano essere deluse.
Quali sono le conseguenze pratiche di tale situazione: molti antiquari che ne hanno la possibilità cominciano ad operare all'estero, trasferendo quindi la loro attività, mentre altri sono costretti alla chiusura. A Firenze, nella storica via Maggio, oltre trenta gallerie hanno dato forfait, impoverendo di fatto non solo la bella strada, ma la città intera. Ma se il Governo dichiara che occorre snellire la burocrazia, favorire la permanenza dei migliori spiriti in Italia, di favorire le imprese, tutto questo sembra invece andare nel senso opposto. Gli antiquari italiani non dimentichiamolo, sono stati importatori dall'estero di quantità enormi di Beni Culturali di altissimo valore, non volo venale ma soprattutto storico – artistico. Non dimentichiamo che il mercato dell'arte non è semplicemente la “palestra” di una contrattazione commerciale, ma è soprattutto il luogo ove le gallerie antiquarie confrontano se stesse con i maggiori esperti d'arte che tramite esse traggono spunto e materia per nuove riflessioni, attribuzioni e approfondimenti. Quindi, ricordando Antonio Paolucci che sottolineava l'assoluta scomparsa della critica d'arte nei paesi ove era stata abolita la possibilità del commercio antiquario, vogliamo affermare con forza che la galleria antiquaria è il tramite più importante per la circolazione della cultura storico – artistica. Mercato dell'arte vuol dire anche pubblicazione di libri, cataloghi, articoli perchè gli autori sono fortemente stimolati dal continuo scambio di opinioni relative a oggetti d'arte che possono essere visti nelle gallerie; non solo, ma come abbiamo più volte ripetuto fino alla nausea, l'indotto di addetti intorno al mercato dell'arte è imponente e costituisce un patrimonio nazionale citando semplicemente i restauratori, i quali insieme agli antiquari stanno subendo tale drammatica situazione. E' un patrimonio la cui dispersione sarebbe un danno irrimediabile. Insomma, tutte quelle 99 attività attinenti al mercato dell'arte sarebbero in via di estinzione e poiché esse nascono e crescono con dedizione e capacità di medio periodo, non ci sarebbero scuole regionali di apprendistato che tenga in grado di riformare rapidamente questa incredibile e importantissima ricchezza.
Ci appelliamo pertanto a chi di dovere perchè, coerentemente con ciò che viene detto e auspicato verbalmente e singolarmente dalle massime autorità istituzionali, anche nei ripetuti incontri e nelle conferenze, il rispetto per un'attività così preziosa e così trascurata in modo inversamente proporzionale alla propria importanza, venga finalmente attuato nell'interesse reale della comunità culturale del nostro paese.
L’esodo
La diaspora degli antiquari alla ricerca della libertà di mercato