Alla fine di un mandato, ormai giunto ai suoi 18 anni, mi fa piacere fare un breve consuntivo e spiegare le ragioni profonde per le quali assunsi un incarico che al momento sembrava estremamente gravoso, in effetti, la figura dell’antiquario era nel nostro paese turbata da pregiudizi e luoghi comuni che ci vedevano protagonisti piuttosto delle pagine di cronaca nera che dell’attenzione che si riserva a episodi legati alla cultura; per restituire all’antiquario la sua giusta dimensione occorreva isolare il mercato clandestino e i ladri e i ricettatori d’arte, per fare questo l’Associazione aveva bisogno di far sentire la propria voce, e quindi venne la necessità di contattare un editore importante, grazie al quale potessimo far conoscere la realtà del mondo dell’antiquariato e l’istanze di professionisti che lavoravano alla luce del sole. Qualche anno prima in casa di un amico comune, avevo conosciuto Umberto Allemandi con il quale avevo mantenuto rapporti di cordialità, fu lui dunque il primo ad essere interpellato per cercare una collaborazione che avrebbe dovuto portare a una nuova visione della figura dell’antiquario. L’Associazione di Antiquari d’ Italia era titolare di una testata, ormai desueta, e fu deciso di utilizzarne queste pagine riorganizzandole, secondo la fantasia e la grande professionalità di Allemandi, fu così che nacque la nuova Gazzetta Antiquaria: una veste grafica adeguata alle esigenze di un prodotto che uscisse dagli schemi di un semplice bollettino sindacale o di un notiziario corporativo. Il contenuto della rivista mirava fin dall’inizio a porsi quale elemento culturale importante per mostrare quale capacità l’Associazione avesse di contattare studiosi critici o personaggi dell’istituzioni, al fine di far capire come questi aspetti fossero intrinseci alla professione dell’antiquario. Fu cosi allora che nacquero nuove rubriche e che cominciò una collaborazione con il nucleo dei carabinieri per la tutela delle opere d’arte, presentazione di musei istituzionali, ma soprattutto di quelli delle fondazioni bancarie eelle raccolte private che, molto spesso, avevano costituito il terminale di quel circuito virtuoso che nei nostri auspici doveva portare l’oggetto d’arte dalla prima scoperta e valorizzazione da parte dell’antiquario, fino alla sua collocazione in contesti prestigiosi e talvolta visitabili e godibili dal pubblico. Fu molto valorizzata anche la collaborazione con giovani studiosi, fu creata una redazione che curava informazione su i maggiori episodi culturali accaduti nel mondo, dalle recensione di mostre alla presentazione delle più importanti pubblicazioni di storia dell’arte. Ma accanto a questa rivista che viene distribuita con Il Giornale dell’Arte in ben 22.500 copie e che aveva il compito di assolvere maggiormente a temi di carattere culturale, fu ideata anche la comparsa mensile sul Giornale dell’Arte di una pagina interamente gestita dall’Associazione in grado di fornire informazione più inerenti alle attività di relazione con le istituzioni, le leggi , le norme e insomma tutto ciò che più strettamente riguardava l’aspetto più specifico di un’attività mercantile. La pagina del Giornale dell’Arte svolge anche un importante funzione di comunicazione e di rapportoell’ambito dell’Associazione stessa, per tutto questo, l’apprezzamento dell’istituzioni culturali e di tutela è cresciuto negli anni cosicché ci siamo potuti porre come interlocutori affidabili da parte dell’istituzioni stesse, tutto ciò ha portato ad un rapporto più rispettoso nei nostri confronti, nel senso che, seppure in campo legislativo le nostre grida sembrano ancora quasi del tutto inascoltate, i rapporti relativi a organizzazioni di mostre hanno subito una possibilità di colloquio più cordiale. Non sarebbe stato possibile del resto che l’evento principale più importante dell’attività mercantile degli antiquari italiani, quali la Biennale dell’Antiquariato di Firenze riuscisse nel raggiungere i risultati di cui ora ci fregiamo se, non ci fosse stato a monte di essa , un lavoro più che decennale di riconsiderazione della figura dell’antiquario, conferendoli al meno, una dignità che una facile informazione superficiale aveva completamente appannato. Talvolta può apparire sconcertante che alcuni colleghi non ci siano completamente resi conto dell’importanza che uno sforzo così grande e continuo abbia prodotto un tale risultato, perché oltre alle critiche sempre giustificate quando rivolte al miglioramento del prodotto è mancato da parte loro una partecipazione pubblicitaria dei propri oggetti d’arte che alimenta anche maggiormente le possibilità di mantenimento degli aspetti editoriali più rilevanti, comunque posso senza tema di smentita allegrarmi del risultato conseguito avendo certamente raggiunto obbiettivi che c’eravamo proposti. Tutto questo avrei voluto dire all’assemblea dell’Associazione, ma la voce incrinata e l’emozione, non mi hanno permesso di rispondere con affetto al lungo applauso che mi è stato dedicato e con gratitudine per avermi consentito in questi lunghi anni della mia presidenza un piacere ineffabile che si prova solo quando si vivono con il cuore le vicende della vita.
Le ragioni di un impegno
Il ruolo dell’antiquario e le ragioni della sua presenza nel mondo della cultura