In difesa del patrimonio mobile privato

Se ne è discusso a Roma il 15 aprile

Il giorno 15 aprile nell’ambito del convegno “Una battaglia doverosa. La difesa del patrimonio mobile privato” promossa dalla Associazione Dimore Storiche Italiane, Sezione Lazio, il Segretario Generale della Associazione Antiquari d’Italia ha tenuto il suo intervento sulla “Problematica dell'acquisto in buona fede di opere d'arte illecitamente sottratte ai proprietari” che qui riportiamo in stralcio.

La ricettazione e l'incauto acquisto sono certamente i reati maggiormente temuti dagli Antiquari, stante il numero impressionante di opere trafugate tuttora in circolazione secondo i numeri forniti dal Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Artistico. Secondo Dottrina e Giurisprudenza dominanti, il criterio distintivo tra ricettazione ed incauto acquisto va colto sul piano diciamo psicologico, perché se entrambi le fattispecie puniscono oggettivamente un fatto identico, il possesso cioè di beni rubati, nell'incauto acquisto il soggetto deve averne non colposamente accertato la provenienza con l'uso dell'avvedutezza propria dell'uomo comune. Ovvero sotto il profilo oggettivo l'incauto acquisto presenta in comune con la ricettazione il presupposto della effettiva provenienza, ma l'incauto acquisto richiede in più che tale provenienza risulti obiettivamente sospetta (per qualità, entità del prezzo e condizione dell'offerente) perché sotto il profilo soggettivo è reato colposo consistendo la colpa nel mancato accertamento pur, ripeto, risultando questa obiettivamente sospetta, della provenienza illecita e richieda come tale la non consapevolezza di tale provenienza. Qualità, entità del prezzo e condizione dell'offerente sono dunque gli elementi che la legge ritiene determinanti nella qualificazione del reato di incauto acquisto. La condizione dell'offerente é il primo presupposto per un acquisto corretto: difatti la conoscenza diretta del venditore é basilare perché questi potrà garantire della liceità della provenienza, almeno per quella che interessa l'interlocutore. Però non dimentichiamo che il mercato clandestino, vero titolare del maneggio delle opere rubate, affina continuamente le proprie tecniche per indurre in trappola anche l'acquirente più prudente e scrupoloso: per esempio opere rubate in paesi o città italiane emergono rapidissimamente in mercatini italiani, o meglio stranieri, e accade anche che opere trafugate nel passato , talora remoto, compaiano poi in prestigiosi cataloghi di Aste internazionali per finire dopo rapidi passaggi nelle mani di collezionisti o mercanti seri ed affidabili: questo è uno degli aspetti più consueti dei rischi a cui va incontro l'Antiquario. Ma il vero nodo del problema è nel rapporto tra la qualità e l'entità del prezzo pagato da colui che per ultimo possiede 1’oggetto.( …………………) D'altronde c'é da aggiungere che è doveroso nel buon funzionamento di una impresa commerciale, e come si direbbe oggi nel suo DNA, il proprio miglioramento sia in termini qualitativi che puramente economici, fermo restando ovviamente il corretto ed ineccepibile comportamento. Si capisce allora come il prezzo pagato per un opera d'arte non deve essere determinante nella rubricazione o meno del possesso di essa come incauto acquisto, il prezzo pagato non può essere usato nel campo dell'antiquariato come categoria di giudizio per formulare qualsiasi tipo di accusa, né motivo di rivendicazione, nel caso di scambio tra colleghi, per chi non ha percepito il valore artistico o venale di un' opera (……………….). E’ evidente che allora il problema dell'incauto acquisto verrà così a porsi su due piani , quello del danno e quello della pena. Ora sgombrando il campo dal dolo, (ove questo ci sia si ricade evidentemente nel reato di ricettazione (art.648 del cod.pen.) e conseguentemente sarà giusta la confisca del bene o dei beni), ove il reato venga dimostrato ( art. 712 del cod.pen.) esso è punibile con l'arresto fino a sei mesi ovvero un' ammenda In quanto al danno però, se sul piano morale la restituzione di un oggetto rubato ed acquistato in buona fede dovrebbe perentoriamente farsi in favore del legittimo proprietario, sul piano giudiziario, anche se potrebbero non esserci conseguenze penali, ci saranno comunque conseguenze che ricadranno in termini economici con inevitabile danno di chi, suo malgrado è stato turlupinato. Tornando poi al dovere da parte dell'acquirente in buona fede di documentarsi sulla legittima provenienza di oggetti d'arte offerti, devo rilevare che recentemente si è attivata una tempestiva informazione telematica da parte del Comando dei Carabinieri previa presentazione di fotografie di oggetti sospetti, anche se la risposta é accompagnata dall'avvertenza che pur non risultando rubate, non sia ha la certezza che le opere non siano effettivamente rubate. Prudenza inevitabile, ma questo imbarazzo crea un notevole disorientamento che deriva ovviamente dalla mancanza di una efficiente catalogazione delle opere d'arte, catalogazione che è ben lungi dall'essere non dico completata, ma neppure soddisfacente seppure avviata col massimo impegno dalle Soprintendenze e in special modo dal Nucleo dell'Arma all'uopo preposto, che soprattutto in occasione delle Mostre organizzate o patrocinate dalla Associazione Antiquari d'Italia è messo nella condizione di fotografare negli stands tutte le opere ivi esposte. Disponibilità doverosa ma anche interessata da parte degli Antiquari perché la trasparenza e la regolarità del commercio dei Beni Culturali sono un valore aggiunto alla qualità ed alla professionalità del Mercato Antiquario. Nella Gazzetta Antiquaria, rivista semestrale della nostra Associazione, diamo largo spazio alle segnalazioni di furti che ci provengono dalle Soprintendenze, ma molto spesso le rare, fotografie pochissime rispetto alla quantità di oggetti segnalati, sono impresentabili perché illeggibili o riferentesi ad oggetti cosiddetti seriali che, se pure importanti per modesto arredo di tipo religioso o civile, sono difficilmente individuabili rispetto a molteplici altri simili, se non identici e conseguentemente irrintracciabili. Ci auguriamo perciò che questo impegno della catalogazione, imprescindibile strumento di conoscenza del nostro patrimonio artistico venga potenziato e sia messo in grado di funzionare al meglio, e che se la Banca Dati che il Ministero dei Beni Culturali con il concorso delle Regioni e di altri enti locali prevede, secondo l'art. 85 del DL 42 del 22 gennaio 2004, sarà realizzata vorremmo che non fosse un inutile ed oneroso doppione, concorrente della Banca Dati del Comando dei Carabinieri, ma ne fosse eventuale integrazione, anche in accordo con altre banche dati straniere già esistenti. Riguardo alla restituzione poi dei Beni Culturali rubati e per ovviare ai danni di cui sopra si é detto, alcuni articoli del nuovo Codice dei Beni Culturali (D.L. 42 del 22.01.2004) nel prevedere la giusta restituzione da parte dei paesi ultimi possessori, di Beni Culturali rubati ex Musei od istituzioni statali si preoccupano anche (in particolare artt. 79, 80 e segg.) dell'INDENNIZZO per coloro che, ovviamente in buona fede e nel rispetto delle legislazioni dei propri paesi abbiano acquisito tali beni. Poiché non mi pare che finora nella nostra legislazione si preveda invece un indennizzo per coloro che senza averne conoscenza, e quindi in buona fede siano incorsi in questo tipo di inconveniente, pregiudizievole sotto molti profili, non ultimo, come sopra accennato, quello economico, sono contento di leggere, qui in questa sede, che nel progetto di legge Magnalbò del 12.01.2003 n. 1947 comma 3 , finalmente trovi voce la proposta di considerare per la prima volta nella legislazione italiana 1' INDENNIZZO riguardo ai Bene Culturali, perché sarà indispensabile trovare, anche se le modalità saranno di non facile soluzione, il giusto equilibrio nella salvaguardia degli interessi in primo luogo del derubato, ma anche di colui che inconsapevolmente si trovi ad essere possessore di un Bene che dovrà inevitabilmente restituire. Dal momento che poi 1' Unesco, in riferimento alle problematiche di appropriazione illegale oppure di esportazione clandestina, invita i paesi membri dei paesi dell'Unione Europea all'adozione di un CODICE DEONTOLOGICO INTERNAZIONALE PER I NEGOZIANTI DI BENI CULTURALI, proprio perché le raccomandazioni sono nel senso di una interazione legislativa e politica degli ordinamenti comunitari, non trovo contraddizione nel proporre contemporaneamente la libera circolazione, si badi bene nei soli paesi della Comunità, di quei Beni Culturali sottoposti all'istituto della Notifica, di quei Beni privati cioè sia pure sottoposti al vincolo della catalogazione ma non ritenuti inalienabili in attesa di una reale verifica dei Beni notificati per giungere anche in tempi brevi ad eventuali DENOTIFICHE. Ricordo al proposito il concetto di NOTIFICA EUROPEA più volte riaffermato dal Soprintendente Antonio Paolucci, quando anche era Ministro dei Beni Culturali , il quale non aveva difficoltà ad accettare che un Bene notificato, isolato, concepito fuori da un contesto plurimo, fosse conservato a Roma piuttosto che a Parigi o Madrid o a Monaco, purché ne fossero controllati la collocazione, la conservazione, gli spostamenti. Devo aggiungere che l'illustre studioso era convinto ed inflessibile fautore anche della tutela di oggetti di apparente modesta importanza quando questi facessero parte di "insiemi" fossero cioè manufatti sia pure minori ma la cui collocazione originaria e solidale imponeva una conservazione unitaria e inamovibile in un medesimo contesto.
Per concludere, nel mentre dissentiamo dal considerare il cosiddetto `giusto prezzo' elemento probante per giudicare colposa una operazione di Mercato che presenti però altri prudenti comportamenti, ci dichiariamo come Associazione Antiquari d' Italia convinti sostenitori dell'adozione del Codice Deontologico di cui sopra, con la speranza di un effettivo progresso della convinzione culturale del nostro paese. Grazie.