Ogni qualvolta in Italia si registra la formazione di una nuova compagine governativa, l'interesse della classe degli antiquari si rivolge immediatamente, al di là di ogni giudizio politico, sui programmi che lo stesso Governo mostra di voler attuare in tema di Beni Culturali. La formazione dell'attuale Governo ha mostrato sicuramente la partecipazione di personaggi di grandissima levatura culturale: sappiamo che la problematica più importante al momento attuale è quella del risanamento delle nostre finanze. Non vogliamo addentrarci ovviamente nei dettagli, anche per quel riserbo che ci viene da una conoscenza non adeguata della situazione e dei meccanismi che la producono, tuttavia ci facciamo carico di una interpretazione molto forte di una carenza che ci è parso di avvertire nella mancanza di riferimenti ai problemi della cultura. Sappiamo benissimo che la nostra attività viene spesso interpretata dalle autorità di tutela e di conservazione dei Beni Culturali come ostile. In realtà non è così, dal momento che l'Associazione Antiquari d'Italia si è profusa negli ultimi decenni nel dimostrare come il mercato dell'arte antica sia una indispensabile parte di quel grande mondo della cultura che necessita del concorso di tutti nelle proprie responsabilità per mantenere, arricchire e valorizzare il nostro Patrimonio Artistico. Da esso scaturisce una grandissima possibilità di risorsa economica culturale che sicuramente rende il nostro paese tra i più apprezzati in tutto il mondo. Sarà bene quindi che il Ministero che il Professor Lorenzo Ornaghi si accinge a presiedere continui nella ricerca della tutela e della conservazione in rapporto anche alle altre componenti di questo mondo. Intendiamo alludere oltre a noi anche naturalmente al Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e a tutti gli studiosi che nelle istituzioni (dal Ministero alle Soprintendenze) e nel privato hanno a cuore il nostro Patrimonio Culturale. Siamo certi che il Signor Ministro, conoscendo la sua grande capacità nel campo economico, saprà pure venire incontro alle profonde esigenze che il Ministero richiede. Noi per parte nostra continueremo nell'attività di ricerca e valorizzazione delle opere d'arte, italiane specialmente, perchè vogliamo dimostrare come tutta l'attività di alcuni lustri sia stata rivolta alla collaborazione più assoluta con le istituzioni, veicolando le opere d'arte dalle botteghe e dalle gallerie, nelle collezioni private più prestigiose e in quelle pubbliche. Molto spesso infatti gli antiquari erano stati nel passato accusati di depauperare il Patrimonio culturale italiano: in realtà si può facilmente dimostrare che dal dopoguerra ad oggi la quantità delle opere di valore importate dall'estero è largamente superiore a quella delle opere esportate. In quanto alla qualità poi, si voglia anche per la restrizione delle norme vigenti, il bilancio è enormemente a vantaggio delle opere importate, segno questo anche di una profonda maturità degli antiquari italiani. In essi, come spesso abbiamo modo di dire, oltre al desiderio di affermarsi dal punto di vista mercantile è insito l'orgoglio reale di essere coloro che riportano in patria capolavori che nel corso dei secoli passati, quando magari anche i viaggiatori del Grand Tour o gli stranieri che nell'Ottocento compivano il loro viaggio di istruzione in Italia, portavano con sé. Il collezionismo ha avuto bisogno dello stimolo degli antiquari per formare delle raccolte adeguate; le difficoltà di cui dicevamo di ordine normativo hanno necessariamente costretto gli antiquari più avveduti che volevano soddisfare i collezionisti esigenti a cercare all'estero le opere d'arte più importanti o che comunque avessero sempre una valenza culturale di straordinario valore. Non a caso per molti anni i mercanti italiani hanno primeggiato nell'acquisto di opere d'arte italiane anche importantissime sui mercati di Londra, di Parigi e di New York. Basterà ricordare come esempio tra i tanti la Crocifissione di Gentile da Fabriano oggi a Brera, e i due piccoli pannelli di Beato Angelico attualmente al Museo di San Marco di Firenze, tutti provenienti dal mercato londinese. Non a caso vogliamo citare anche un ultimo capolavoro che sembra destinato al Museo di Capodimonte a ricomporre una pala smembrata nel secolo XVIII. Alludiamo alla grande predella di Teodoro d'Errico che un collega napoletano ha rintracciato sul mercato londinese ed ha esposto nella recente XXVII Biennale dell'Antiquariato di Firenze. Ci rende pieni di orgoglio l'avere ospitato nella mostra, unica manifestazione di arte italiana di alto livello al mondo, questa opera che la giuria degli esperti ha giudicato la migliore tra quelle esposte in mostra. Come si vede dunque l'attività di recupero è una prova di impegno che solo gli antiquari italiani possono svolgere, perchè sono perfettamente al corrente di quello che accade sul mercato, sia nelle grandi aste internazionali che nei luoghi più sperduti. Circostanza questa non sufficientemente analizzata nei giusti contorni e nelle reali dimensioni.
Del resto Vittorio Sgarbi nel suo testo di presentazione al catalogo della mostra “Ritorni: opere d'arte riportante in Italia dagli antiquari” ed esposte a Palazzo Venezia nel 2000, annotava: Questi “Ritorni” non sono che un limitato, ma eloquente, campione dell'impegno, della maturità e del rigore degli antiquari italiani che hanno risposto all'inclemenza delle leggi con uno spirito umanistico e illuminato, motivati dalla virtù della conoscenza e stimolati a aprire nuove strade con vantaggio e crescita della storia dell'arte, dissolvendo le ombre del loro passato di predatori del patrimonio artistico italiano.
Questo dunque è il nostro contributo alla cultura italiana e al Patrimonio Nazionale: ci aspettiamo però che da parte ministeriale continui quella attenzione discreta ma effettiva, che abbiamo riscontrato nei nostri confronti da parte degli organi ministeriali e che con orgoglio rivendichiamo.
Impegno, maturità e rigore
L'antiquario indispensabile polo della cultura italiana