La situazione non proprio allegra dei beni culturali in Italia, del nostro grande e ammirato patrimonio storico, artistico, musicale, teatrale, cinematografico, impone alcune riflessioni. Si può continuare a ritenere questa straordinaria eredità come un malato a cui prestare cure, come un pesante fardello del quale non ci si può liberare (così viene visto ad esempio dai giovani sacerdoti d’arte contemporanea, vittime di un sistema scolastico imperfetto…), o deve piuttosto diventare occasione di rilancio per le sorti della Penisola, per l’immagine di un Paese troppo compromesso e ormai precipitato nelle graduatorie del turismo internazionale? Una recente indagine evidenzia come dei nostri connazionali il 60 % non abbia mai varcato la soglia di un museo, bene monumentale, area archeologica…un dato spaventoso !
Dovere del Ministro dei Beni Culturali sarà dunque quello di liberare le tante energie pubbliche e private, saperle coordinare, impostare la troppo a lungo sospirata defiscalizzazione degli investimenti culturali, collaborare con il sistema del mercato dell’arte, depresso da leggi tutte da rivedere, da discrezionalità tutte da ripensare.
Alle aste di Old Master tenutesi a gennaio a New York, con una nuova e significativa presenza della clientela russa e cinese, le opere della grande tradizione pittorica italiana registravano alcuni significativi record: venduta da Sotheby’s a più di 11 milioni $ la Susanna e i Vecchioni che la famiglia Harrach commissionò a Pompeo Batoni nel 1751 per la propria, gloriosa quadreria nella quale è rimasta per quasi 250 anni; mentre da Christie’s lo splendido ritratto che Scipione Pulzone fece nel 1574 di Jacopo Boncompagni, figlio di papa Gregorio XIII (prima che diventasse tale…) e grande condottiero, realizzava 7 milioni 500mila $.
Invenduto invece il Ritratto di giovane con libro che da Christie’s veniva attribuito per la prima volta al Bronzino (poco prima del 1530): la presenza dell’opera all’asta di New York era al centro degli strali di Tomaso Montanari, brillante storico dell’arte. Su il Fatto del 30 gennaio, al di là di alcuni toni vagamente polizieschi, Montanari, sostenendo che “vediamo allegramente migrare veri capolavori”, “non si capisce come un quadro del genere abbia potuto avere un attestato di libera circolazione da una soprintendenza italiana”, arrivava perfino a citare Forbes: “ha dedicato spazio al giovane fiorentino dai capelli rossi, perché il suo prezzo lo rende un fenomeno più finanziario che artistico: si parte da una base d'asta che va da 12 a 18 milioni di dollari”. Si parte…ma non si arriva ! Quali capolavori vede Montanari uscire dall’Italia? A noi risultano centinaia, migliaia di capolavori che rischiano la rovina in Italia; e viceversa migliaia di opere eseguite anche solo cinquant’anni fa a rischio di fermo dalla discrezionalità di alcuni funzionari, con un danno per il mercato che non riguarda solo chi ne fa parte. Il mercato dell’arte da sempre avvantaggia il sistema, crea interesse verso le opere e la loro storia.
Alcuni tristi episodi accaduti negli ultimi anni e paradossalmente sostenuti da una parte della storia dell’arte fanno riflettere sulla mancanza di buonsenso, di strategia e perfino di conoscenza della storia: come altrimenti definire quella miopia nell’applicazione delle leggi che ha portato dal 2009 all’accanimento terapeutico su una pur pregevolissima commode realizzata nel ‘700 dall’ebanista di Luigi XV Antoine-Robert Gaudreau, arrivata in Italia dall’Egitto solo nel 1962 e totalmente svincolata dunque da quel rapporto di intima relazione con il luogo nel quale un’opera viene concepita o per il quale è destinata. O del caso delle due vedute di Canaletto della collezione Alemagna, dipinte intorno al 1738 per gli Spencer, “cartoline” dell’Italia per il pubblico inglese, vincolate a ridosso di un’asta Sotheby’s a Milano nel 2010?
Le crisi del sistema di tutela, quella paesaggistica e ambientale che ha portato alla miriade di capannoni, di brutte architetture e di abusi disseminati ovunque, quella storico artistica che lascia marcire Pompei e vincola una commode, sono figlie della stessa mancanza di strategia. Liberiamo le energie e concentriamoci sulle priorità. Non possiamo più aspettare.
Il sensazionalismo
Occorre equilibrio nella presentazione dei fatti