Il Mercato dell’Arte secondo Nomisma

Osservazioni in margine al convegno tenuto in occasione del Gotha

Nell'ambito di Gotha, Fiera dell'antiquariato, il giorno 10 novembre 2006 si è svolto un convegno sul mercato dell'arte promosso da Nomisma, intitolato Il Mercato dell'Arte in Italia. Moderati dal giornalista del Corriere della Sera Paolo Manazza, dopo l'introduzione e i saluti di Roberto Ravazzoni, Giorgio De Rita, Damiano Lapiccirella e Lucia Fornari Schianchi sono intervenuti Stefano Stanzani di Nomisma ed i collezionisti Paolo Bertuzzi Amedeo Lia e Franco Maria Ricci.
Nomisma aveva predisposto, attraverso il Laboratorio sul Commercio dei Beni Artistici, una indagine che accuratamente prendeva in esame statistiche e andamento del commercio dell'arte in Italia, in rapporto a vari aspetti della economia del nostro paese. Omettiamo il dettaglio dei grafici a sostegno di questa indagine che sostanzialmente vede il prossimo futuro del mercato artistico con grande ottimismo.
Non sappiamo bene dove sono stati attinti i dati relativi, soprattutto al mercato antiquario che è la cosa che più ci interessa, perché come sempre nelle statistiche una certa freddezza di calcolo esula dal percorso che in realtà gli oggetti di antiquariato seguono nel mercato dell'arte. Ci domandiamo come si possa fare un valore medio di oggetti d'arte semplicemente calcolando una media tra un valore massimo e uno minimo: forse un'analisi completa dovrebbe parametrare anche la quantità di oggetti di una determinata tipologia offerti sul mercato e venduti. Indagine questa impossibile. Noi abbiamo grande stima delle analisi che con tanta autorità vengono intraprese, ma ci permettiamo di considerarle solo uno dei tanti aspetti che riguardano il mercato delI'arte, almeno per quanto è a nostra conoscenza e concerne l'antiquariato. Difatti oltre alla presa d'atto di statistiche, peraltro ineccepibili e valide, dobbiamo fidarci anche della sensibilità personale dei singoli operatori i quali, sia pure introducendo elementi di soggettività nella valutazione complessiva, tuttavia hanno una diretta consapevolezza del mercato.
Laddove ci pare una valutazione improntata all'ottimismo è quando si prevede per i tempi a venire una crescita del fatturato del mercato delI'arte: questo può essere vero per il mercato di arte moderna o contemporanea, dove la libertà di movimento degli oggetti d'arte e la mancanza di ogni vincolo sta provocando un interessamento abbastanza rilevante (quasi parossistico). Ma per il mercato dell'antiquariato italiano bisogna riconoscere che, nel complesso, stiamo attraversando un periodo di ripensamento: intanto anche nelle statistiche di Nomisma non si parlava di arredamento né di mobilia riferendo i dati soltanto a pitture o a sculture, e c'è da dire che invece all'estero il mercato è sempre vivo anche per oggetti di arredamento. Ciò significa che quelle norme vincolanti, che continuamente cambiano in peggio, rendono svogliata la clientela e costringono il mercante a mantenere un basso profilo nella propria attività. Di nuovo si è introdotta la obbligatorietà della presentazione alle Soprintendenze degli oggetti che in Italia godono ancora del regime di libera circolazione perché provenienti da paesi esteri: anche se ciò non vuol dire impedimento alla esportazione, tuttavia le pratiche che sono necessarie rendono tutto più complicato e difficile causando talvolta il fallimento dell'affare.
Facciamo inoltre notare ai rilevatori di Nomisma che il mercato dell'arte italiano è quasi esclusivamente interno; viviamo di fatto una situazione di autentica autarchia causata da costrizioni anticomunitarie.
Volentieri in questo esame della situazione del mercato artistico italiano avremmo accolto osservazioni anche dal lato legislativo: sia pure non di stretta competenza degli analisti di Nomisma questa annotazione avrebbe fatto capire che il mercato dell'arte antica, se soffre di provincialismo, non è certo a causa degli antiquari.
Siamo pochi e il nostro fatturato complessivo è da piccola industria, tuttavia la responsabilità di custodire e di preservare il Patrimonio Artistico privato ci proietterebbe verso ascolti ben più attenti. Forse che sarebbe necessario scendere in piazza per farsi sentire? Ma lasciamo perdere!