Visitando i fastosi e scintillanti spazi del TEFAF di Maastricht assistiamo a un vivace confronto tra antiquari, collezionisti, curatori e dealers spesso promossi da fondi di investimento internazionali, che nel comparto dell’alto antiquariato vedono l’obiettivo ideale per una diversificazione del capitale, ma soprattutto una redditività del valore che non conosce flessioni e mode nel tempo.
La difficile congiuntura economico-finanziaria che si è profilata dopo la crisi dei titoli immobiliari subprime americani dell’autunno 2008, ha reso il mercato dell’arte da una parte estremamente selettivo, ma dall’altra incredibilmente generoso nel presentare oggetti finora gelosamente conservati, con l’unico scopo di risollevare il prestigio di patrimoni che hanno visto affievolire il proprio potere d’acquisto.
Un clima di assoluta incertezza come quello odierno, aggravato da un’angoscia nucleare proveniente dal Sol Levante, e da un rivoluzionario sommovimento geopolitico dei paesi mediorientali affacciati sulle sponde del Mediterraneo, risulta un’occasione unica ed irripetibile per approfittare di un’improvvisa o forse meglio dire obbligata mobilità di pezzi di altissimo pregio o addirittura capolavori, che altrimenti sarebbero inamovibili da collezione pubbliche e private.
Vittima silenziosa di questo tempestoso succedersi di avvenimenti appare il collezionismo bancario italiano, un tassello di equilibrio fondamentale tra funzione pubblica di tutela e promozione del patrimonio ed esigenza privata di acquisire e rafforzare, attraverso la raccolta di opere d’arte, un potere politico e sociale all’interno della comunità, ma più in generale di ribadire una propria funzione cardine nello sviluppo culturale del Paese.
Una sedimentazione che si è evoluta lentamente nel corso dei decenni, e che con l’affermarsi negli anni Ottanta dei grandi eventi espositivi di massa e di una capillare produzione editoriale d’arte, ha reso questo oculato ma sensibile segmento del collezionismo una vera e propria pietra di paragone, per sondare le fasi di involuzione ed espansione del mercato.
Un’assenza ancora più pesante in un panorama italiano che risulta completamente bloccato da un coacervo legislativo che limita all’origine ogni libera iniziativa da parte degli operatori di settore, di una condizione, quella italiana, che agli occhi dello straniero ben disposto e innamorato della “Bella Italia”, sembra governata più dall’anarchia, o se vogliamo dalla buona volontà, che dà un metodo che regolamenti una volta per tutte gli scambi del mercato antiquariale, spesso vittima di facili luoghi comuni.
L’esigenza di fusione di più entità bancarie profondamente radicate in colossi finanziari capaci di muoversi a livello globale, e lo scontrarsi di questa istanza con un tracollo strategico ed economico da parte di più nazioni facenti parte la Comunità Europea come abbiamo assistito in quest’ultimo anno e mezzo, ha reso le fondazioni bancarie ancora più prudenti nell’investire nel mondo dell’arte che, per le ragioni suddette, risultano estremamente favorevoli per un avanzamento qualitativo di collezioni che spesso sono venute a costituirsi in periodi simili, come fu la fine del primo conflitto mondiale, il venerdì nero del ‘29, l’incertezza del dopoguerra, la grande crisi petrolifera del 1973, la prima guerra del Golfo e il day after delle Twin Towers l’11 settembre del 2001, fino agli attuali accadimenti che non presagiscano certamente un periodo di proficua stabilità.
La consapevolezza del proprio passato e presente deve essere lo stimolo per queste fondamentali entità, che da sempre rappresentano il buon senso nella misura, a riaffacciarsi al grande collezionismo attraverso l’eccellenza della selezione, che non deve essere a questo punto puramente compilativa, ma iconica nel senso d’appartenenza.
Nel 1990 sotto l’egida dell’allora Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi e di Giuliano Amato, la legge n.218 trasformava le Casse di Risparmio in Fondazioni, separando in due identità le funzioni di diritto pubblico da quelle imprenditoriali. La legge delega n.461 del 1998 e il successivo Decreto legislativo n.153 del 1999, affermano poi che esse devono operare nel no profit. Ottantanove identità che rivestono oggi una duplice funzione ‘sociale’, in quanto da un lato sopperiscono alla debolezza delle risorse pubbliche, intervenendo a sostegno della domanda, e dall’altro agiscono da veri e propri imprenditori accollandosi il rischio d’impresa di proposte progettuali capaci di produrre ricadute positive solo nel medio-lungo periodo. Più di 10mila azioni realizzate nel corso del 2008 per un totale di 513,1 milioni di euro investiti a favore della tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano, dimostrano che le Fondazioni bancarie da semplici finanziatori pretendono di essere parte attiva allo sviluppo e alla promozione del territorio.
La rete web delle comunicazioni ha reso questo inizio del XXI secolo veramente un villaggio globale, una rivoluzione di così grande rilevanza che possiamo soltanto associarla all’invenzione del caratteri mobili di Gutenberg. Un’occasione unica di conoscenza che supera la dimensione dello spazio e del tempo. Uno strumento e non un fine che tutti, ma proprio tutti, hanno l’opportunità di usare per accrescere il loro sapere.
Il grande collezionismo bancario deve tornare a dettare le proprie scelte usando gli strumenti della erudizione antica come quella contemporanea, così come fanno l’affermato conservatore museale, lo storico dell’arte, l’antiquario, consapevoli cha il primato della cultura genera stile di vita, qualità nelle esigenze e stimoli per un mercato economico finanziario che deve ripartire dall’eccellenza del gusto italiano.
Carpe Diem
I giorni delle opportunità