Gimme your name, gimme your number, cantavano i danesi Laban, quando usava arrotolarsi le maniche delle giacche (come nel loro videoclip del 1986). Nomi e numeri sono in molti a darli. E quando si tratta dei valori delle opere d’arte, questi di solito sono dati a caso. Facciamo qualche esempio.
È di giorni fa la notizia del ritrovamento a Casablanca della tela del Guercino trafugata dalla chiesa di San Vincenzo a Modena. Offerta ad un imprenditore marocchino per 10 milioni di dirham, si è detto che avesse un valore inestimabile (c’è chi ha ipotizzato tra i 5 e i 6 milioni di Euro). Lo scorso anno fu la volta dei 17 “capolavori” [propongo una moratoria su questo termine] rubati al Museo di Castelvecchio di Verona. Sulle fonti di stampa circolò la stima di un valore compreso tra 10 e 15 milioni di Euro (poi corretto in 17). Cifre forse desunte da polizze assicurative che, com’è noto, offrono soluzioni diverse a seconda del livello di spesa (come fanno pure le case d’asta, offrendo valori assicurativi anche molto diversi tra loro e pari, ad esempio, alla media delle valutazioni tra stime minima e massima d’asta, alla stima alta o, perfino, al doppio della stima massima). Cifre che non tengono conto, poi, dell’impossibilità per quelle opere di accedere al mercato internazionale, dove quei valori forse acquisterebbero un senso.
Nel caso, quindi, dei dipinti rubati da chiese o musei i valori son presto fatti, e la soluzione la offre proprio il Museo di Castelvecchio. Quanto valgono le loro 17 opere ritrovate (invendibili sul mercato, come ammonisce il fortunato epilogo del Guercino)? Il prezzo simbolico a cui il museo veronese ha offerto a tutti l’ingresso per un mese: 1 Euro, tutte quante.