Quando qualcosa va storta si dice che i conti non tornano. All’asta de Il Ponte a Milano (dal 31 marzo al 1o aprile) invece, i conti son tornati eccome, almeno per quel che riguarda i dipinti antichi. Ad essere più precisi, bisognerà dire che è tornato il Conti. Quale? Quello apparso da Sotheby’s nel lontano 1979, riconosciuto da Mina Gregori, pubblicato nel 1994 proprio sulle pagine della “Gazzetta Antiquaria”, illustrato quindi a colori nella recente monografia sul pittore fiorentino (F. Berti, Francesco Conti, Firenze 2010, n. 77, pp. 228-229), e ora schedato in asta a Milano come opera di “Maestro veneto, sec. XVII” (lotto 153). Con lui si son venduti altri dipinti tutti con attribuzioni scientificamente errate, per la frisson di qualche gonzo che pensava di fare la trouvaille (ma come si fa ad ignorare che il Paesaggio, tipico di Giuseppe Bernardino Bison e detto invece di “Scuola romana dell’inizio del sec. XVIII” [lotto 474], aveva il nome del pittore palmarino scritto a penna Bic sul suo telaio; o l'evidenza del quadro bassanesco, schedato come opera di “Maestro ligure del sec. XVII” [lotto 107]?). Si capisce che, in qualche modo, si cerchi di dribblare la censura che ha contribuito a mettere in ginocchio il mercato antiquariale in questo Paese, togliendole appigli cui aggrapparsi. Resta però da chiedersi se estrarre bendati le attribuzioni da un cappello sia la risposta migliore. Imboccando questa strada (senza ritorno) si svilisce la credibilità di chi ha fatto di questo mestiere una disciplina (e talvolta un’arte) che, un tempo non lontano, il mondo intero ci invidiava.
Conti a Milano
Un dipinto del fiorentino Francesco Conti torna in asta a Milano sotto mentite spoglie, e non è il solo, anzi.
di Marco Riccomini