Roma, 2014. Cm. 21×16, pp. 221, figg. 42 in nero f. t., br.
Se il Seicento è caratterizzato dalla presenza di grandi scienziati e letterati, lo sarà anche di pirati, corsari e filibustieri, pullulato di personaggi che della tecnica della finzione ne fecero un’arte, compreso i pittori. Alla stregua di ciarlatani, cantimbanchi, imbonitori, picari, bari, furfanti e impostori, anche i pittori furono esperti del raggiro, di furberie, astuzie e tranelli, eseguendo falsi spacciati per originali. Il libro indaga questo aspetto sommerso della loro attività trattando numerosi episodi di cui è ricca la letteratura aneddotica del periodo, come il caso di Terenzio Terenzi, Angelo Caroselli, Pietro Liberi, Pietro Della Vecchia, Luca Giordano, delle copie truffaldine di Caravaggio vendute per originali, dell’attività di Pier Francesco Mola o Salvator Rosa, i quali fecero eseguire dai loro allievi opere poi vendute come originali o le vicende di Niccolò Cassana e Sebastiano Ricci che ebbero problemi con la giustizia avendo spacciato falsi Correggio o Tiziano venduti alle corti di mezza Europa. Il volume affronta anche il problema della percezione e della fruizione di tali prodotti visti con gli occhi di un intenditore dell’epoca. Si è cercato di comprendere quali fossero gli strumenti interpretativi, quali i meccanismi adottati e le capacità attributive allora in possesso dei professori e dei periti d’arte o degli amateurs e dilettanti per non cadere nelle trappole dell’inganno, distinguendo le copie dalle opere autentiche, i falsi dagli originali.