Caselle di Sommacampagna, 2016. Cm. 21×26, pp. 69, tavv. e figg. a col. e in nero n. t., br.
Il saggio di Federica Spadotto prende in esame il periodo trascorso oltremanica (1752-1771) da Francesco Zuccarelli (Pitigliano, 1702-1788), il più illustre paesista europeo del XVIII secolo.
Amato e ricercato dalla committenza internazionale, che lo rese un vero e proprio paradigma per intere generazioni di pittori sino a metà Ottocento, il suo nome subì una sorta di oblìo per quanto concerne il grande pubblico, ponendosi tuttavia come un imprescindibile punto di riferimento per la storiografia artistica settecentesca.
Dopo la recente monografia, redatta dall’autrice (2007), la ricca personalità di questo straordinario protagonista del proprio tempo è riuscita a riemergere in tutto il suo fascino.
Bellezza classica, assoluta, trasognata, ma anche drammatica e malinconica, come illustrano alcune fondamentali opere di questo saggio, che spaziano dal Neoclassicismo all’inquietudine romantica.
Tutto questo sullo sfondo dell’inedito dipinto in copertina, da cui è scaturito il volume, innescando un percorso di riflessione critica rispetto al corpus del maestro toscano, oltre che sul dibattito artistico attuale in merito al significato di opera d’arte.
Nell’emblematica esperienza dello Zuccarelli in vita e post mortem si dipanano, infatti, alcuni nodi cruciali su come viene percepita, giudicata, valutata la creazione pittorica attraverso il peculiare approccio che caratterizza i diversi contesti storici e culturali di riferimento.

16 Maggio 2016