Spelacchio, i rifiuti, il degrado…si va a Roma con l’animo depresso, per le mille polemiche che funestano la Capitale, incapace di risollevarsi dal suo stato di perenne precarietà. Eppure: in uno dei templi dell’arte europei, la Galleria Borghese, sta andando in scena (fino al 4 febbraio), grazie alle energie della sua direttrice Anna Coliva e dello storico dell’arte Andrea Bacchi, una delle più riuscite manifestazioni artistiche degli ultimi tempi, non solo in Italia. BERNINI, a vent’anni dalla riapertura dello storico museo, è una mostra che molto sarebbe piaciuta, ne possiamo essere certi, a quel talentuoso mecenate che fu il cardinal nipote Scipione Borghese, tanto amante della vita e dell’arte da voler erigere alla sua passione un monumento, a metà strada tra una camera delle meraviglie e un giardino di delizie. Oggi nella forma neoclassica del più elegante accrochage possibile, scrigno di alcuni celebri gruppi scultorei di Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, il David, il Ratto di Proserpina… Intorno a questi si è radunata una consistente serie di opere provenienti da mezzo mondo, che raccontano la parabola del genio del barocco.
"Un punto di partenza per esplorare la città di Roma, vero museo a cielo aperto di capolavori berniniani, spesso incredibilmente sconosciuti agli stessi italiani. La mostra è ricca di novità, nuove attribuzioni e sorprese."
Un punto di partenza per esplorare la città di Roma, vero museo a cielo aperto di capolavori berniniani, spesso incredibilmente sconosciuti agli stessi italiani. La mostra è ricca di novità, nuove attribuzioni e sorprese. Impossibile non notare, tra le Quattro Stagioni del padre Pietro Bernini (con la collaborazione del giovane Gian Lorenzo), databili al 1620 e provenienti da villa Aldobrandini a Frascati, l’Inverno. “Tra i personaggi più indimenticabili della scultura italiana. Con il mantello foderato di pelle di pecora, é immaginato come un pastore della campagna romana, a mezza via tra il "burino" e i prigionieri con berretto frigio dell'arco di Settimio Severo" per Federico Zeri che riconobbe l’autografia della serie una cinquantina d’anni fa. O l’Anima dannata (1619), concessa in prestito dall’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, “studio fisiognomico modernissimo, che è sempre stato messo in relazione con le ricerche di Caravaggio (si pensi prima di tutto alla Medusa degli Uffizi)” (Bacchi). O all’irripetibile parata di busti collocati al primo piano, con i potenti dell’epoca (oltre allo stesso Scipione, lo zio Paolo V, Alessandro VII, il cardinal Richelieu…). O la Santa Bibiana (1624) della chiesa omonima, da cui esce per la prima volta, restaurata, le cui “dita della mano destra, allargate e sospese in aria, sono un vero e proprio miracolo tecnico” (Bacchi).
"…una curiosa, sofisticata mostra (fino al 4 marzo) dedicata al collezionismo bulimico dei coniugi americani Wurts, tra Otto e Novecento, distribuito tra Villa Sciarra e Palazzo Antici Mattei."
Si parte dal “santuario” berniniano sopraffatti da tanta ricchezza di capolavori, ma le scoperte non finiscono qui…proprio in faccia al tristemente noto Spelacchio (poi riscattatosi…), tra Palazzo Venezia e il Vittoriano una curiosa, sofisticata mostra (fino al 4 marzo) dedicata al collezionismo bulimico dei coniugi americani Wurts, tra Otto e Novecento, distribuito tra Villa Sciarra e Palazzo Antici Mattei. Le foto d’epoca non lasciano dubbi sul carattere di horror vacui dell’arredamento. “Gli ospiti arrivavano storditi dal corridoio lungo una ventina di metri, con le pareti stipate di armature in argento cesellato, e dalla fila di saloni foderati di arazzi, quadri tappeti”. Un patrimonio poi ceduto allo Stato italiano che oggi ne ricorda le qualità. Insieme a una sezione che descrive il culto internazionale per l’arte italiana in quegli anni, falsi compresi (il caso di Alceo Dossena e le cantonate di Henry Clay Frick…).
Scegliendo dal mazzo, in un panorama che induce più all’esaltazione che non alla depressione (il potere salvifico dell’arte!), chi scrive ha partecipato a una esemplare visita guidata all’altrettanto esemplare restauro del grande affresco di Mario Sironi (L’Italia tra le Arti e le Scienze, 1935), nell’aula magna del Palazzo del Rettorato dell’Università La Sapienza. Due anni di lavoro per restituire alla parete dell’edificio di Marcello Piacentini i simboli e le cromie originali, già cancellati nella damnatio memoriae del Dopoguerra.
"…esemplare restauro del grande affresco di Mario Sironi (L’Italia tra le Arti e le Scienze, 1935), nell’aula magna del Palazzo del Rettorato dell’Università La Sapienza. Due anni di lavoro per restituire alla parete dell’edificio di Marcello Piacentini i simboli e le cromie originali, già cancellati nella damnatio memoriae del Dopoguerra."
Una visita che può proseguire, a poca distanza, con la mostra, curata da Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, Disegni smisurati del ‘900 italiano, allestita fino al 18 marzo presso il Casino dei Principi di Villa Torlonia. Una ventina di cartoni di maestri del ‘900 italiano, quali Achille Funi, Publio Morbiducci, Ottone Rosai, Pietro Gaudenzi. Di quest’ultimo è esposto un nucleo di cartoni colorati a pastello, testimonianza di un ciclo (completamente perduto) di affreschi eseguiti in due sale del Castello dei Cavalieri di Rodi nel 1938. “Gli inglesi che occuparono l’isola fino al ’47 lo descrissero come “a fascist Folly”, e oggi è il monumento più visitato di tutta Rodi”.
L’arte, che splendido antidepressivo !