Manca circa un mese alla chiusura della mostra In the Age of Giorgione, alla Royal Academy di Londra fino al 5 giugno, occasione rara per vedere molte opere dell’enigmatico maestro veneziano e dei suoi compagni (e antagonisti nell’irripetibile momento del fin de siècle quattrocentesco a Venezia. E la mostra può essere anche l’occasione di un weekend a Londra, dove sono in corso anche mostra su Botticelli (al V&A), su Delacroix (alla National Gallery), e sulla Sicilia (al British Museum).
Rivolgiamo alcune domande al curatore (insieme a Simone Facchinetti) della mostra su Giorgione, Arturo Galansino.
Arturo, ora sei felicemente trasferito a Firenze, a Palazzo Strozzi, e Giorgione è il tuo ultimo progetto londinese. Ci puoi raccontare le idee alla base della mostra?
La mostra "In the Age of Giorgione" è stata frutto di un lavoro forsennato, che si è dovuto compiere in tempi brevissimi proprio a causa del mio trasferimento da Londra a Firenze. I preparativi per mostre di questo genere sono, come sai, lunghissimi e molto complessi e mi pare quasi un miracolo essere riusciti in un’impresa del genere. Una delle recensioni pubblicate sul “Times" ha definito la mostra un “curatorial tour de force”: mi pare una definizione adeguata… Alla base della mostra c’è infatti la volontà di confrontarsi con problematiche quasi impossibili, che coinvolgono una figura artistica fondamentale per gli sviluppi dell’arte veneziana ma allo stesso tempo “inafferrabile” ed indecifrabile. Questo genere di problematiche ha portato Simone Facchinetti ed il sottoscritto a mettere in luce alcuni limiti della ricerca ed alcune aporie interpretative, per proporre di ripartire quasi da zero nella costruzione del Giorgione del Ventunesimo secolo. Dietro questo tentativo si sente un’esigenza razionale di chiarezza e semplicità nei confronti di un argomento tanto importante e studiato ma con così pochi punti fermi condivisi. In fondo si tratta di una mostra di storia della critica – argomento caro sia a me che a Simone – e l’atteggiamento tenuto è stato il più antidogmatico possibile.
In un certo senso, la mostra è la continuazione di un progetto che comprende anche l’esposizione su Moroni del 2014-2015?
Credo si possa dire che la mostra di Moroni e questa di Giorgione, oltre a riportare gli Old Masters alla Royal Academy, rappresentino un formato nuovo di mostre a Londra: ovvero mostre di dimensioni contenute ma di qualità altissima, in grado di comunicare grandi artisti meno noti e complesse problematiche storico artistiche ad un pubblico generale e non specializzato. La mostra sul grande pittore “provinciale" Moroni ha infatti fatto riscoprire al pubblico inglese uno dei grandi beniamini del gusto britannico di un tempo, mentre la mostra odierna – pur nell'indagare un contesto di primo piano come quello lagunare con opere di artisti del calibro di Bellini, Giorgione e Tiziano – ha aperto l’indagine anche verso artisti meno noti, in particolare il bergamasco Giovanni Cariani, sempre nella volontà di allargare in senso qualitativo il gusto dei visitatori oltre i soliti nomi noti.
Nella guida della mostra spesso appare la parola “enigma”. Giorgione è enigmatico prima di tutto nella sua vicenda biografica, e poi nella sua pittura. Come avete affrontato questi enigmi? Vi è venuto il dubbio che quelli pittorici siano stati disseminati apposta dal pittore, come a rendere la sua figura e il suo lavoro ancora più esclusivi?
L’opera di Giorgione si colloca all’interno di una committenza alta e molto coltivata, che amava le simbologie e le allegorie raffinate. Il carattere eminentemente privato della maggior parte delle opere ascrivibili al pittore di Castelfranco non aiuta la ricerca per quanto riguarda la comprensione delle immagini, le identificazioni dei personaggi e nemmeno per quanto riguarda le attribuzioni. Spesso si deve confessare che, oltre alle attribuzioni, anche alcuni significati sono lontani dall’essere assodati.
Londra ospita anche una mostra su Botticelli che presta grande attenzione al botticellismo nella cultura visiva contemporanea. Quanto Giorgione c’è nella sensibilità odierna?
Alcune opere di Giorgione sono sicuramente parte dell’immaginario visivo di molti artisti ed hanno ispirato, anche recentemente, artisti contemporanei in emulazioni e citazioni, ma l’arte giorgionesca è probabilmente meno citata e riconoscibile rispetto alle icone botticelliane celebrate nella mostra del V&A. Un’iniziativa simile su Giorgione sarebbe probabilmente stata meno efficace. Credo sia scontato però ricordare come le delicate atmosfere liriche dei paesaggi e allegorie ascrivibili al mondo giorgionesco – il "Concerto Campestre" del giovane Tiziano in primis – abbiano profondamente influenzato la pittura francese ottocentesca.
Avete preso a prestito dei dipinti eccezionali. A volte il pubblico non capisce quanto questo sia complesso. Ci puoi spiegare alcune delle difficoltà connesse al prestito di quadri unici e costosissimi? Quanta diplomazia, e a volte astuzia, ci vuole?
Il mercato dei prestiti è oggi molto difficile e sempre più si sente parlare di veri e propri “scambi". Operazioni di questo genere sono ancora più complicate se si pensa che la Royal Academy non ha una collezione, e ciò significa che non c’è un nucleo di opere su cui basare la mostra e nemmeno che ci sono opere importanti da “scambiare” con altre istituzioni. Quello che ha convinto i prestatori a separarsi temporaneamente dei propri capolavori è stata perciò la forza e l’originalità del progetto curatoriale, come dovrebbe sempre essere nel nostro mestiere. Non credo perciò sia frutto di astuzia e diplomazia, ma piuttosto di buone idee e della disponibilità a discuterle e condividerle con i colleghi.