Alta moda nel Rinascimento, per un sontuoso rito fiorentino

Alcune note sulle nozze tra Lorenzo de’ Medici e Clarice Orsini, per scoprire (in un libro*) come si vestivano le signore dell'alta società.

di Arianna Sarti

Un capitolo significativo nella storia del costume di Firenze spetta, senza dubbio, al matrimonio tra Lorenzo de’ Medici e Clarice Orsini. Questo evento rappresentò per l’alta borghesia fiorentina l’opportunità di esibire al massimo grado il proprio prestigio sociale attraverso lo sfoggio di vestiari raffinatissimi. Quel matrimonio immortalò vesti e complementi che evidenziarono a livello europeo la magnificenza della corte medicea e della costellazione delle più altolocate famiglie fiorentine che si muovevano intorno ad essa. Le nozze e i festeggiamenti, che si svolsero per tre giorni nella primavera del 1469, coinvolsero circa 400 invitati. Per poter partecipare ad un evento di simile portata, si mossero ingenti capitali al fine di presentarsi con vesti e gioielli adeguati. Per l’occasione furono emanate leggi suntuarie pensate per evitare lo sfarzo eccessivo ma questi provvedimenti, in uso in altre città-stato italiane, naturalmente furono trasgrediti.

Alle nozze di Lorenzo e Clarice partecipò anche la coppia di Filippo Strozzi con la moglie Fiammetta il cui abito per la cerimonia ci darà molti spunti di riflessione per parlare delle vesti estive fiorentine. Esponente di spicco della borghesia fiorentina del XV secolo, Fiammetta Adimari apparteneva ad una delle più antiche casate di Firenze e il matrimonio con Filippo Strozzi (1) nel 1466 segnò un’importante alleanza tra due delle famiglie più influenti dell’epoca (2). Grazie alle sue abilità nel campo bancario, Filippo si era guadagnato un notevole prestigio che gli permise di ottenere importanti incarichi nella vita pubblica (3). Dopo il matrimonio, Fiammetta condusse una vita ritirata soprattutto durante i lunghi periodi in cui Filippo era assente per affari.

Ritratto di Giovanna Tornabuoni, 1489-1490, Courtesy of Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid, Spagna.
Domenico Ghirlandaio, Portrait of Giovanna Tornabuoni, 1489-1490, Courtesy of Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid, Spain.

Nella primavera del 1469, in dolce attesa, Fiammetta fu visitata ben due volte dalla madre di Lorenzo, Lucrezia Tornabuoni, venuta appositamente per invitarla alle nozze (4). È evidente come la sua presenza fosse particolarmente gradita alla famiglia dello sposo ma la gravidanza rendeva incerta la partecipazione dell’Adimari. Tuttavia, al tempo del terzo invito, Fiammetta aveva già partorito. Perfettamente ristabilita, poté partecipare al matrimonio. Gli abiti da lei scelti per l’occasione rappresentano l’esemplare combinazione di vesti eleganti femminili durante le stagioni calde: una cotta come vestimento per di sotto e una giornea, per di sopra. Non esistono rappresentazioni di Fiammetta con queste vesti ma si può immaginare che fossero del tutto simili a quelle che la nobile dama della famiglia Tornabuoni indossa nella scena al centro dell’affresco della Nascita di San Giovanni Battista nella Cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella, realizzato da Domenico Ghirlandaio (5). Cotta e giornea sono anche le vesti del noto Ritratto di Giovanna Tornabuoni di Domenico Ghirlandaio del Thyssen Bornemisza (cat. 6).

Nei libri contabili della famiglia vengono riportate le tipologie di stoffe acquistate, le quantità e il costo. Per la cotta, Fiammetta sceglie un damaschino cremisi broccato d’oro. Questo tessuto doveva servire per la gonna e il busto. Le maniche invece vengono realizzate in damaschino bianco broccato in oro. La quantità di tessuto è pari a circa 12 braccia, quindi circa 7 metri di stoffa. Per la giornea Fiammetta sceglie un velluto paonazzo (6) foderato in damaschino paonazzo e bianco. Per questa seconda veste servirono altre 26 braccia di tessuto di cui 21,5 per il velluto e 4,5 per il damaschino. Completano l’abito tele e altri tessuti per un totale di altre 49,5 braccia. Il costo finale per l’acquisto di tutte le stoffe e piccoli accessori supera di poco i 191 fiorini, una cifra che soltanto una donna di rango come Fiammetta avrebbe potuto permettersi (7).

Piero del Pollaiolo (attributed to), Portrait of a Lady, 1465/1470 circa, tempera and oil on board, private collection.

La cotta, proprio per la sua doppia natura di raffinatissimo abito autonomo (corredato di giochi di chiusure in bottoni o magliette in oro e argento) e sottoveste su cui apporre uno strato superiore, era particolarmente versatile, indicata per le stagioni più calde. Le maniche potevano essere strette ai polsi o leggermente svasate oppure più lunghe e ricche di ornamenti elaborati. La giornea è una sopravveste aperta sul davanti e lungo i fianchi. Talvolta tali aperture venivano chiuse con nastri o cordini. In ragione del suo utilizzo estivo, non presenta le maniche anche se esistono esemplari con maniche staccate oppure tenute a “pendere” così come varianti invernali foderate in pelliccia. Si tratta di una veste molto amata proprio per la fluidità, la linea confortevole e per la facilità con cui metteva in evidenza la cotta sottostante in un sofisticato gioco di contrasti o richiami. Non presentando tagli in vita, le giornee erano particolarmente comode per le donne in stato interessante. Esaltavano, pertanto, il valore della maternità. Tuttavia abbiamo testimonianze anche di giornee con cinture per segnare il punto vita come per la giovane sposa che riceve l’anello nel tenero dipinto di Michele da Verona, oggi alla Gemäldegalerie di Berlino (fig. 6). In un excursus che voglia tenere in considerazione le principali tendenze della moda fiorentina del Quattrocento, non possiamo tralasciare un elemento che in molti casi era connaturato con le vesti più raffinate: la frappa ovvero la frangia.

Per quanto le leggi suntuarie fiorentine del 1456 e del 1464 prevedessero l’abbinamento cotta-giornea abbellite da frange (8), tendenzialmente nel corso del Quattrocento a livello legislativo e religioso con le prediche di san Bernardino da Siena, si andò sempre più ostacolando l’uso di questo complesso sistema di abiti dal fastoso apparato decorativo che ancora si collegava al gusto della moda tardogotica. Le vesti “frappate” presentavano ampie frange che ornavano varie sezioni dell’abito. Potevano collocarsi sui bordi di lunghe “maniche a pendere”, oppure sugli spacchi laterali o sul perimetro degli strascichi delle sopravvesti. Le tipologie decorative di queste frange prevedevano motivi a piccole foglie, a coda di pavone, tagli in diagonale eseguiti direttamente nel tessuto a creare motivi geometrici. 

Le vesti frappate erano una chiara esibizione del proprio status poiché richiedevano processi di produzione laboriosi e uso di materiali pregiatissimi. Un raro esempio di tessuto con frappatura si conserva nelle collezioni del Museo del Tessuto di Prato (9) (fig. 8). Si tratta, con tutta probabilità, del frammento di una bordura di veste femminile realizzato in panno di lana nero garzato con ricami in oro, argento e seta colorata che riproducono un motivo a piume di pavone in bande trasversali alternate in oro e argento. Il nero era un colore prezioso perché richiedeva delle fasi di tintura lunghe e complesse, tra l’altro esprime anche il gusto raffinato ed elegante della moda francese (10). Il ricamo si completa con la presenza di un gallone in oro filato che segna il bordo di ogni singola piuma. Il tessuto presenta anche una fitta rete di trafori, lungo i bordi del motivo a coda di pavone, funzionale a far trasparire il colore della fodera sottostante che sicuramente era colorata a contrasto.

* [Quello che pubblichiamo è un estratto del saggio che l’autrice ha pubblicato in ​Ritratti di Donna. Vesti e Gioielli nella Firenze del ‘400, Sagep Editori, Genova, 2024, Ndr.]


(1) Nel 1466, Fiammetta di Donato Adimari sposò Filippo Strozzi, che era stato esiliato da Cosimo de’ Medici nel 1434 insieme al fratello Lorenzo e successivamente riammesso a Firenze per volere dello stesso Lorenzo de’ Medici.

(2) Sulle vicende che interessarono Filippo e la corrispondenza con la madre prima del matrimonio con Fiammetta si rimanda a Muzzarelli 1999, pp. 93-99.

(3) Fu membro del Consiglio degli Anziani di Firenze e rivestì diverse cariche di governo, dimostrando grande abilità nel promuovere gli interessi della sua famiglia e della città stringendo così nuovi legami con i Medici.

(4) Spallanzani 2012, pp. 311-312.

(5) Sull’identità di questa donna, Silvia Malaguzzi ha formulato l’ipotesi, con la quale concordiamo, che possa trattarsi di Ginevra di Giovanni di Maso Ginafigliazzi, ipotetica seconda moglie di Lorenzo Tornabuoni, basandosi sullo studio dei gioielli che la dama indossa. È certo che non si tratti di Ginevra de’ Benci, come erroneamente riportato da Giorgio Vasari. Secondo altri studiosi, invece, la donna potrebbe essere identificata con Giovanna degli Albizzi, prima moglie di Lorenzo Tornabuoni.

(6) Il paonazzo è un colore violaceo piuttosto scuro.  Il cremisi è un rosso vivo e intenso, spesso associato al corallo, al vermiglio e ad altri toni di rosso brillante.

(7) Spallanzani 2012, p. 319.

(8) Levi Pisetzsky 2005, p. 345.

(9) Frammento di veste “frappata” con motivo a code di pavone, Italia, XV secolo, metà, Museo del Tessuto, inv. n. 81.01.139.

(10) Il nero era il colore più amato dalla corte di Borgogna.