Collezionisti: Paolo Zani, l’imprenditore intellettuale

Paolo Zani ha collezionato '700 come nessun'altro in Italia, per lasciare un'idea di bellezza, prima che un patrimonio culturale.

di Stefano Pirovano

Tra i mille modi in cui si può collezionare arte, quello che ha seguito Paolo Zani si basa su due principi di fondo. Il primo, è l’aver sempre considerato la propria dimora come il luogo di destinazione delle acquisizioni. Il secondo, raffinato con l’esperienza sul campo, è invece l’essersi dedicato scrupolosamente al continuo miglioramento della qualità degli oggetti collezionati, vendendo solo per ricomprare, non appena si presentasse l’occasione buona. Su questi due principi Zani ha incardinato un percorso collezionistico eccezionalmente costante, coerente, e ambizioso. Già, perché al di là delle opportunità che offre l’epoca in cui uno vive – in questo senso Gian Giacomo Poldi Pezzoli e i Fratelli Bagatti Valsecchi sono stati certamente più fortunati di chi è nato dopo la seconda guerra mondiale -, il collezionismo non è solo il personale piacere che si può provare nell’unire ciò che prima stava separato. È anche la ricerca della vetta, a qualsiasi costo, o quasi. Ed è per questo motivo che, dopotutto, non sono le disponibilità economiche in sé a fare la differenza; l’altra risorsa di cui si deve disporre in buona dose è il tempo.

Anticamera. Canaletto (Venezia, 1697-1768), Il molo dal bacino di San Marco di Canale Po (1733-1734); consolle della scuola di André Charles Boulle, fine XVIII secolo; coppia di mori veneziani del primo quarto XVIII secolo. Courtesy of Fondazione Paolo e Carolina Zani. Ph: Massimo Listri.

All’inizio quello che Paolo Zani ha a disposizione è speso soprattutto con Gerardo Duse, carismatico mercante bresciano, campione di intuito, senso degli affari, audacia e, soprattutto, discrezione. Come un buon cercatore di funghi Zani impara a comprare non già quello che semplicemente compiace il suo occhio, che sarebbe deleterio, ma quello che è effettivamente “commestibile”, e dunque bello in quanto tale. In questo senso è emblematica la frase che introduce il visitatore alla villa di Cellatica (Brescia), diventata nel 2020 la Casa Museo Paolo e Carolina Zani (Fondazione Paolo e Carolina Zani), e aperta al pubblico nel mese di febbraio, a ridosso della pandemia: “Bellezza è verità, verità è bellezza – questo solo sulla terra sapete, ed è quanto basta”, dall’Ode su un’urna greca di John Keats. Oltretutto, da un punto di vista collezionistico la poesia da cui è tratta la citazione può essere letta come la celebrazione della capacità che certi oggetti hanno, in ragione della loro bellezza, di vivere oltre le persone e gli accadimenti che questi oggetti direttamente o indirettamente rappresentano. Come per molti prima di lui, anche per Zani collezionare è probabilmente un modo per esorcizzare la paura della morte.

Sala di Maggiolini. Scorcio con uno dei due Cassettoni di Giuseppe Maggiolini, 1789. Coppia di vasi Blue John, primo quarto XIX secolo. Courtesy of Fondazione Paolo e Carolina Zani. Ph: Massimo Listri.

Insieme a Duse, all’inizio del nuovo secolo, compaiono sulla scena i fratelli Augusto e Marco Brun (Brun Fine Art), che di Paolo Zani presto diventano i principali referenti. ”Ci sentivamo spesso – ricorda Marco Brun -, c’era un rapporto di fiducia e stima reciproca. Oltre che per acquisire, Zani si rivolgeva a noi per verificare l’autenticità dei pezzi che intercettava sul mercato, o perché ci occupassimo delle varie fasi delle transazioni”. I Brun sono con il collezionista a Londra il 9 giugno del 2005 quando da Christie’s batte quello che diventa il pezzo più importante della sua raccolta, ossia il piano ottagonale con ghirlande di fiori, frutta e uccelli prodotto dalla Galleria dei Lavori di Firenze tra la fine del Seicento e l’inizio del secolo successivo, poggiante su una base ottocentesca di George Bullock.

Galleria dei Lavori di Firenze, Piano ottagonale di tavolo con ghirlanda di fiori, frutta e uccelli (dettaglio), fine XVII-inizio XVIII secolo, commesso di pietre dure, cm. 72,4 x 132,7. Courtesy of Fondazione Paolo e Carolina Zani.

Come Paolo Zani dirà in seguito “capire che era un oggetto unico è stato facile durante l’asta, ma possederlo non è stato solo il coraggio di rilanciare più in alto.” (la citazione è riportata a pagina 93 della dettagliata “Guida della Collezione” pubblicata dalla Fondazione Paolo e Carolina Zani nel 2021). È infatti in ragione delle risorse economiche richieste dal piano antiterrorismo varato dal governo inglese in seguito agli attentati alla metropolitana perpetrati il mese successivo all’asta (7 luglio 2005) che l’Inghilterra rinuncia a esercitare il diritto di prelazione sull’opera, che così può liberamente uscire dal Regno Unito per tornare in Italia. All’intercessione dei fratelli Brun si devono anche l’acquisizione della tarsia di marmi e lapislazzuli romana della fine del XVI secolo (Christie’s, Londra, 4 luglio 2013), la Venere nella fucina di Vulcano, dipinta da Francois Boucher nel 1747 (2013), lo studio del Mosaico Vaticano del terzo quarto del XVIII secolo (2018), nonché la straordinaria Veduta di Villa Loredan a Paese dipinta da Francesco Guardi nel 1780 e acquisita da Zani nel 2018, ultima tela a entrare nella collezione.

Francesco Guardi
Francesco Guardi (Venezia 1712-1793), La Veduta di Villa Loredan a Paese, 1780 circa, olio su tela, cm. 46,5 x 75,4. Courtesy of Fondazione Paolo e Carolina Zani.

Il rapporto con i Brun è privilegiato ma non esclusivo. Ricorda ancora Marco Brun: “Paolo Zani era una persona molto riservata. Si vedeva alle fiere solo sporadicamente. Ma conosceva le gallerie antiquarie che trattavano quel che a lui interessava”. Tra queste i Tomasso, Walter Padovani, Steinitz, Marco Datrino, e Tullio Silva, con il quale pure Zani si consulta quando si tratta di lacche veneziane. Da Silva acquisisce, tra l’altro, il cosiddetto comò rosa della regina Vittoria, un cassettone settecentesco di manifattura veneziana già nella collezione del conte Franco Cella di Rivara  (Inv. 278). “Zani si è raffinato nel tempo – dice Silva -, voleva sempre migliorare. E in asta non si fermava mai”. Da Silva arriva anche la coppia di Gueridon tripodi con serpenti e gambe caprine (fine del XVIII secolo), la specchiera veneziana che sta nel salone dell’ottagono, tra le vedute di Guardi e Bellotto, nonché la cornice del Bacco e Arianna di Giovanni Battista Tiepolo, che Zani trova da Silva, di misura perfetta per la tela, dopo aver acquisito il dipinto sul mercato antiquario (2003).

François Boucher
Salone dell’ottagono. Parete meridionale con Venere nella fucina di Vulcano di François Boucher (1746-1747), su fondale del paravento Coromandel (fine XVII secolo) e Salotto Luigi XVI, coppia di sculture con Allegoria dell’Abbondanza e Dio Fiume di Filippo Parodi (1666-1670); lampada romana in bronzo dorato (seconda metà del XVIII secolo). Courtesy of Fondazione Paolo e Carolina Zani. Ph: Massimo Listri.

Alla fine le opere saranno circa 800, con provenienze che vanno dalla collezione dell’ultimo scià di Persia Reza Pahlevi, a quella di Sofia Loren e Carlo Ponti, passando attraverso i de Rothschild, il duca di Westminster e Yves Saint Laurent – dalla cui collezione proviene, per esempio, la suite di sedie barocche genovesi già parte degli arredi di Palazzo Carrega Cataldi (Christie’s, 2009). Come ricorda l’attuale direttore della Fondazione Paolo e Carolina Zani, Massimiliano Capella, a lungo collaboratore diretto di Zani, la casa per la quale ha collezionato è anche stata l’unica che ha abitato, con la figlia Carolina e la moglie Patrizia Ondelli. È perciò da considerarsi una fedele rappresentazione del suo mondo interiore, dell’ambizione, del pragmatismo, del rigore dell’uomo, oltre che del collezionista. Come ricorda Alvar González Palacios nel saggio sulla collezione Zani pubblicato nel libro che per ora meglio la racconta (Abitare l’Arte, 2020, pure edito dalla Fondazione), “I collezionisti e gli storici dell’arte hanno non poche cose in comune ma allo stesso tempo non sono mai del tutto d’accordo. […] I collezionisti sono spesso facoltosi e possono acquistare quel che vogliono; gli storici dell’arte non lo sono quasi mai ma si cullano nell’illusione di sapere tutto”. E infatti González Palacios è un’eccezione nella vita di Zani, ossia uno dei pochi intellettuali con cui stringe una “relazione amichevole”. Forse perché Zani, dopotutto, è anch’egli un intellettuale, che mette al servizio di una precisa idea di bellezza – “la bellezza che sa educare, la bellezza che può sostituire l’esperienza dell’assoluto” (Zani) – il patrimonio di cui talento e fortuna imprenditoriale gli hanno permesso di disporre. E che, proprio come un intellettuale fa con il suo sapere, alla fine Zani sente di voler condividere.

Pietro Longhi
Pietro Longhi (Venezia 1701-1785), Il Ridotto in Venezia, olio su tela, 1750 circa. Courtesy of Fondazione Paolo e Carolina Zani.