Collezionisti: Christian Levett, ragione e sentimento (un’intervista)

Possiamo considerare Christian Levett un collezionista seriale? Probabilmente sì, stando a quanto ci ha detto di sé.

di Elena Caslini

Inglese, 55 anni, con una vita tra Londra, Montecarlo, Mougins e Firenze; dopo una brillante carriera nella finanza, Christian Levett ha deciso di trasformare la sua passione per l’arte in un impegno totalizzante. Ha creato una collezione d’arte antica di rilievo internazionale, esponendola nel museo che ha fondato nel 2011, il Mougins Museum of Classical Art, per poi venderla e cambiare rotta. Il nuovo amore: le artiste donne, protagoniste del FAMM, il museo inaugurato nel 2024 sulle ceneri del precedente. Lo abbiamo incontrato nel suo palazzo-museo fiorentino per farci raccontare la sua storia e i retroscena di questa svolta radicale. 

Christian Levett
Portrait of Christian Levett at FAMM. Ph. Jérôme Kelagopian

Christian, il tuo percorso professionale è stato nel mondo della finanza. Quando è nata la passione per l’arte?
Christian Levett: Ho lavorato per venticinque anni nella finanza e mi sono ritirato nel 2016. Ho sempre avuto una passione per il collezionismo: già da ragazzo raccoglievo monete e medaglie. Sono cresciuto in Essex, in una famiglia di origini modeste. I miei genitori, però, amavano la storia e spesso mi portavano a visitare musei, chiese, castelli e siti archeologici. Così è nata la mia curiosità per la storia romana e medievale.

Ricordi il momento preciso in cui sei diventato collezionista?
Christian Levett: A Parigi, dove mi ero trasferito da Londra per diciotto mesi per lavorare per una società americana. Parigi è stata la mia vera scuola: trascorrevo ore al Louvre e amavo in particolare le sale dedicate alla pittura olandese e fiamminga del Seicento. Acquistai in galleria i miei primi due dipinti: un’opera di Egbert van der Poel (1621-1664) del 1640, raffigurante un incendio a Delft, e un ritratto di cavaliere di Ignacio León y Escosura (1834-1901). Ricordo ancora il prezzo: circa 7.000 sterline. 

Come si è evoluta la tua collezione negli anni?
Christian Levett: All’inizio studiavo i cataloghi delle case d’asta, da Christie’s a Sotheby’s e Bonhams. Ho continuato collezionando gli Old Masters, con un occhio di riguardo per l’arte medievale – la grande fascinazione della mia infanzia. Successivamente mi sono avvicinato all’Impressionismo e al Post-Impressionismo, collezionando soprattutto disegni, e ai libri di storia naturale del XVIII e XIX secolo. Infine, la mia passione per la storia antica mi ha portato ad acquistare antichità classiche, in particolare armi e armature.

In quest’ultimo campo, hai creato la collezione privata più importante al mondo. Come ci sei riuscito?
Christian Levett: Il merito, in realtà, non è solo mio: tra il 1980 e il 2001 Axel Guttmann acquistò praticamente tutte le armi e armature antiche disponibili sul mercato. Dopo la sua morte, la famiglia decise di disperdere la collezione tramite aste. Fu allora che acquistai la maggior parte dei pezzi più significativi, integrandoli successivamente con altri reperti che apparivano sul mercato.

Installation view, Musée d’Art Classique de Mougins, first floor gallery. © MACM.

Nel 2011 hai aperto la tua collezione al pubblico, inaugurando il Mougins Museum of Classical Art, nel sud della Francia. Cosa ti ha spinto a questa decisione?
Christian Levett: Nel 2009 la collezione aveva ormai raggiunto dimensioni considerevoli: possedevo un vastissimo nucleo di antichità classiche e, parallelamente, avevo iniziato ad acquistare anche arte moderna. La gestione stava diventando complessa: gran parte delle opere era relegata nei depositi, e musei e curatori mi contattavano di continuo per poterle visionare. Non avevo mai pensato alla mia raccolta come a un insieme “museale”: acquistavo ciò che mi appassionava, con uno slancio quasi compulsivo. Fu il direttore di Minerva – rivista che in seguito avrei acquistato – a suggerirmi l’apertura di un museo privato. Era l’unico modo per custodire correttamente le opere e, al tempo stesso, renderle fruibili al pubblico. Così, nel 2011, fondai il Mougins Museum of Classical Art, che quell’anno ottenne il riconoscimento di Museum Opening of the Year da Apollo Magazine.

Il museo nacque quindi come naturale conseguenza del tuo modo di collezionare.
Christian Levett: Esattamente. È sempre stato il collezionismo a guidarmi, e in parte credo sia stata anche una forma di dipendenza: la ricerca di un’opera, l’emozione dell’acquisto, il brivido di scoprire un dipinto raro o un oggetto antico. Penso, ad esempio, alla rarissima testa in bronzo di Augusto (I sec. d.C.), che per anni è stata esposta in museo e che ho deciso di conservare quando, due anni fa, ho venduto gran parte della collezione.

Nel 2023 hai infatti deciso di vendere da Christie’s le opere principali del Mougins Museum, e nel 2024 hai riaperto lo spazio con una nuova identità. Il FAMM – Femmes Artistes du Musée de Mougins è oggi un museo interamente dedicato ad artiste donne. Da cosa è nato questo cambio di passo radicale?
Christian Levett: Ho iniziato a collezionare dipinti di artiste donne nel 2014 e nel 2018 ho scelto di concentrarmi esclusivamente su di loro. Il mercato offriva una disponibilità sorprendente di lavori di qualità del XX secolo a firma femminile, mentre quello maschile era ormai saturo e dai prezzi proibitivi. Mi sono avvicinato alle protagoniste dell’Espressionismo Astratto – Helen Frankenthaler, Lee Krasner, Joan Mitchell, Elaine de Kooning – scoprendo che i loro capolavori si potevano ancora acquistare a un decimo, se non meno, del valore dei colleghi uomini. Capii che esisteva l’opportunità di costruire un’intera collezione museale al femminile, e che quasi nessuno lo stava facendo. Dopo la pubblicazione del volume Abstract Expressionists. The Women, che ha riscosso grande interesse anche da parte dei musei, mi è sembrato naturale trasformare questa visione in un progetto concreto: un museo interamente dedicato a loro.

Installation view, FAMM – Femmes Artistes du Musée de Mougins, abstract expressionists gallery. © FAMM. Ph. Jerome Kelagopian.
Installation view, FAMM – Femmes Artistes du Musée de Mougins. © FAMM. Ph. Jerome Kelagopian

Quali artiste si incontrano oggi al FAMM?
Christian Levett: L’allestimento è dinamico e viene aggiornato periodicamente, ma il percorso parte dalle impressioniste e post-impressioniste – come Mary Cassatt ed Eva Gonzalès, ancora oggi non adeguatamente riconosciute dal mercato – per arrivare alle protagoniste del Surrealismo, tra cui Leonora Carrington, Leonor Fini e Dorothea Tanning. Il museo prosegue poi con le grandi figure del secondo dopoguerra e della scena contemporanea: Dora Maar, Louise Bourgeois, Marina Abramović, Sarah Lucas, Tracey Emin, Jenny Saville e Jesse Mockrin, solo per citarne alcune.

Non teme però che un museo dedicato esclusivamente ad artiste donne possa risultare ghettizzante?
Christian Levett: In molti manuali di riferimento per la storia dell’arte – da The Story of Art di Ernst Gombrich a The Triumph of American Painting di Irving Sandler – non compare neppure una donna. Lo stesso è accaduto per decenni nei musei, dove le collezioni erano quasi interamente composte da opere maschili, e nessuno se ne sorprendeva. Oggi, per la prima volta in Europa, esiste la possibilità di attraversare un museo dedicato esclusivamente alle artiste: non lo considero un gesto separatista, ma un necessario riequilibrio di una storia dell’arte finora sbilanciata. La vedo, piuttosto, come un’opportunità.

Quali sono le artiste o le opere della sua collezione a cui è più legato?
Christian Levett: Prophecy di Lee Krasner (1956), che l’artista dipinse in un momento particolarmente complesso della sua relazione con Jackson Pollock. L’artista stessa raccontò come il quadro l’avesse “turbata enormemente”, tanto da lasciarlo sul cavalletto prima di partire sola per la Francia e di ricevere, pochi giorni dopo, la notizia della morte di Pollock in un incidente stradale. Prophecy è stata esposta in oltre settanta mostre internazionali ed è rimasta al FAMM per otto mesi. Oggi si prepara a intraprendere un nuovo tour negli Stati Uniti insieme ad altre opere della mia collezione.

Parte dei suoi dipinti si trovano nel suo palazzo fiorentino, più simile a un museo privato che a una casa.
Christian Levett: Sì, nel marzo 2021 ho riallestito la mia casa a Firenze, a Palazzo Ristori, dove trascorro circa sei mesi all’anno. Oltre ai dipinti di artiste donne, custodisco numerosi pezzi antichi e oggetti d’antiquariato. Molti li ho acquistati in Italia. 

Christian Levett’s house, Palazzo Ristori. Ph. Fraser Marr. Courtesy of Christian Levett.
Christian Levett
Christian Levett’s house, Palazzo Ristori. Ph. Fraser Marr. Courtesy of Christian Levett.

Immagina un giorno di ripensare di nuovo la sua collezione?
Christian Levett: No, la scelta di dedicarmi esclusivamente alle artiste donne è definitiva e verrà portata avanti da mio figlio. Si tratta di un ambito dinamico, stimolante dal punto di vista della ricerca e con un mercato in costante crescita. L’arte femminile moderna e contemporanea rappresenta oggi la parte più vitale del mercato: la domanda aumenta, crescono le collezioniste donne e sempre più musei cercano di colmare la carenza di opere femminili. 

Parlando di mercato, quali sono i canali che preferisce per acquisire nuove opere?
Acquisto ovunque ci sia qualità: tramite advisor, gallerie, case d’asta internazionali. Non importa il canale, purché la provenienza sia chiara e l’opera valida. 

Cosa la guida nella scelta? L’intuito, il colpo di fulmine o criteri più razionali?
Christian Levett: Innanzitutto dev’esserci un impatto emotivo: un’opera deve saper parlare, trasmettere qualcosa attraverso la composizione, il colore, le idee che esprime. Poi entrano in gioco la provenienza, la datazione, la qualità, lo stato di conservazione e naturalmente il prezzo. Non sono disposto a pagare cifre irragionevoli, ma quando si presenta l’occasione di acquistare un capolavoro assoluto, posso fare un’eccezione.

Quali sono le acquisizioni più recenti?
Christian Levett: A Seoul, ho acquistato opere delle artiste koreane Ming Jung Woo, Sooryeon Choe, Eunsil Lee e un’opera di Clare Rojas. 

Quali sono invece le opere dei suoi sogni, quelle che spera un giorno di aggiungere alla sua collezione?
Christian Levett: Mi piacerebbe possedere una tela di Joan Mitchell degli anni Cinquanta, ma i prezzi hanno ormai raggiunto cifre altissime, ben oltre i 5-6 milioni che di solito considero il mio tetto massimo. Un altro sogno sarebbe un capolavoro di Remedios Varo, le cui opere oggi si aggirano intorno ai 9 milioni. In ogni caso, posso dire di essere già molto soddisfatto della mia collezione.